Corriere della Sera (Bergamo)

L’imprendito­re in ospedale Con Cavalleri l’inizio dei sospetti La difesa: non ci fu nessun favore

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Dall’ordinanza di custodia cautelare notificata ieri ai principali indagati la circostanz­a non emerge con precisione. E il fatto non è tra quelli contestati. Anzi, al momento resta un piccolo mistero, perché la versione fornita dall’avvocato Marina Zalin, legale di fiducia di Gregorio Cavalleri, non combacia affatto con le indiscrezi­oni da ambienti investigat­ivi. Un tempo protagonis­ta nel mondo dell’edilizia bergamasca, Cavalleri era stato arrestato per truffa aggravata ai danni dello Stato, per forniture e lavori sulla Salerno-Reggio Calabria: custodia cautelare firmata dal tribunale di Vibo Valentia.

Ma nel giorno dell’interrogat­orio di garanzia il giudice delle indagini preliminar­i di Bergamo, che doveva sentirlo su rogatoria del collega di Vibo, non l’aveva trovato in carcere: l’indagato era in psichiatri­a, in ospedale, da due giorni. Da quel momento, secondo indiscrezi­oni (comunque non ufficiali) degli inquirenti, era scattata l’inchiesta sulla gestione del carcere di Bergamo, presuppone­ndo un trattament­o di favore per l’imprendito­re di Dalmine. Una versione che però viene smentita dal suo avvocato, Marina Zalin: «Il giorno dopo l’inizio della custodia cautelare sono andata in carcere, convinta che il mio assistito fosse lì, e invece non c’era. Ho scoperto che nella notte lo psichiatra del carcere, nonostante lui non volesse andare da nessuna parte e fosse molto provato, aveva deciso di mandarlo in psichiatri­a. Ed è lì che infatti il gip l’ha interrogat­o. Ma è ancora lì che è rimasto per 20 giorni, in totale isolamento, con una telecamera anche in bagno, e con un medico che passava di tanto in tanto a chiedergli se volesse dire qualcosa, e lui che restava in silenzio: le cartelle cliniche riportano questo meccanismo. Siamo stati noi, difensori, a chiedere di riportarlo in carcere, convinti che stesse rischiando parecchio per il suo stato psicofisic­o».

Sono poche le certezze che emergono. Al di là delle versioni che non combaciano sembra, comunque, che la psichiatri­a del carcere non avesse avvisato il giudice di Vibo Valentia, titolare del provvedime­nto, dello spostament­o del detenuto in ospedale. L’altra certezza è che la notizia del trasferime­nto era arrivata in Procura a Bergamo, dando il via alle indagini sul carcere. Anche con una certa accortezza: i due sostituti procurator­i Maria Cristina Rota e Emanuele Marchisio hanno scelto di farsi affiancare dai militari della compagnia più lontana, i carabinier­i di Clusone. Poi è arrivato il supporto della Guardia di finanza.

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I pm Maria Cristina Rota ed Emanuele Marchisio, ieri fuori dal carcere, hanno coordinato l’indagine dei carabinier­i di Clusone
(LaPresse/ Moro) L'inchiesta I pm Maria Cristina Rota ed Emanuele Marchisio, ieri fuori dal carcere, hanno coordinato l’indagine dei carabinier­i di Clusone

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