«Ho votato per Magoni»
La telefonata di un indagato al medico del carcere dopo la preferenza all’ex campionessa di sci il 4 marzo Intanto «lievitano» le mazzette all’ex direttore
Un indagato al telefono: «Ho scattato la foto alla scheda».
È stata una telefonata, in particolare, ad attrarre l’attenzione dei carabinieri e della Procura di Bergamo. Dopo il voto del 4 marzo per le Politiche e le Regionali, ormai a urne chiuse, il dirigente sanitario del carcere Francesco Bertè, agli arresti domiciliari da lunedì per falso ideologico e abuso d’ufficio, riceve la chiamata di un conoscente, indagato anche lui. Il suo nome non emerge ancora: non è tra i destinatari delle recenti misure cautelari. Ma è un pubblico ufficiale che lavora a Bergamo, non in servizio in carcere: un personaggio ancora misterioso che riferisce al medico della casa circondariale di aver votato per Lara Magoni, chiarendo, soprattutto, di aver scattato una foto con il suo smartphone, in cabina elettorale, alla scheda e al nome dell’ex campionessa di sci. Il testo dell’intercettazione non è noto, ma il riferimento al voto suona piuttosto evidente alle orecchie di chi indaga.
Un riscontro
È il momento in cui scatta l’iscrizione nel registro degli indagati, con l’ipotesi del voto di scambio sia per Lara Magoni, sia per Bertè. Un tassello, la telefonata, che sembra fornire un riscontro ai carabinieri. Il periodo di ascolto degli investigatori – che puntavano a capire al meglio come funzionasse la gestione del carcere e quali fossero i comportamenti del direttore Antonino Porcino e di altre persone attorno a lui – ha infatti coperto la stagione elettorale terminata con il voto del 4 marzo, per le Politiche e le Regionali. E già prima dell’apertura delle urne era stato un certo movimento di Bertè ad attrarre l’attenzione: dalle telefonate era emersa la figura di un sostenitore convinto, e impegnato a raccogliere consensi, per la candidata di Fratelli d’Italia. Agli atti sono finite anche telefonate della stessa Magoni sia al dirigente sanitario sia all’allora direttore Porcino, in cui si parlava di voti.
La cautela
Chi indaga in realtà resta molto cauto, a partire dal procuratore della Repubblica Walter Mapelli, che ribadisce: «Servono altri accertamenti. Chiariremo presto, per responsabilità istituzionale». I dubbi non mancano: quella foto esiste? Per ora si tratta solo di un’immagine «parlata» e cioè a cui si è fatto riferimento al telefono. Nell’ambito dell’inchiesta sono stati sequestrati circa 100 dispositivi, tra personal computer e smartphone (non a Lara Magoni, ma ai suoi interlocutori sì): tutti da analizzare. È da lì che potrebbero, ma non è affatto certo, arrivare riscontri sull’esistenza dell’immagine e più in generale sui contatti eventuali tra la Magoni, Porcino, Bertè e altre persone, magari con sistemi di comunicazione sfuggiti alle intercettazioni. Ma esiste anche un’altra perplessità, piuttosto solida, che potrebbe portare a una richiesta di archiviazione sul voto di scambio: raccogliere consensi per una candidata – per quanto possa sembrare inopportuno da parte di un direttore del carcere o del dirigente sanitario – non è di per sé un reato. L’ipotesi del voto di scambio prevede infatti una contropartita evidente o almeno una promessa da parte di un candidato. Ed è su questo punto che l’inchiesta potrebbe arenarsi. «Ho profondo rispetto nei confronti dei magistrati e del lavoro che svolgono quotidianamente — ha dichiarato ieri l’assessore Lara Magoni —. Ad oggi non ho ricevuto alcuna notifica di alcun provvedimento. Confermo, pertanto, in modo ancora più forte, la fiducia nel lavoro della magistratura». Emerge altro, intanto, dalla parte dell’inchiesta concentrata sul carcere e sull’ex direttore. «Tremila e cinque, e trecento, tremila e otto». Il 30 marzo 2018 Porcino conta nella sua automobile dove è piazzata una cimice. Lui non lo sospetta. Secondo la Procura, e il gip, sta sfogliando il denaro che ha preso dagli imprenditori della Alfa Express, di Urgnano, per avvantaggiarli nella gara dell’istallazione dei distributori automatici di bevande e sigarette. Sulla base di queste intercettazioni, il gip indica in «almeno 3.800 euro» la presunta mazzetta data a Porcino, oltre a scatoloni con macchinette di caffè, il 22 febbraio e il 29 marzo. Ma da alcuni approfondimenti, secondo la Procura il denaro è molto di più, almeno tre volte tanto. I chiarimenti, se vorranno, li potranno dare gli imprenditori di Urgnano, domani nell’interrogatorio.
I numeri L’ex direttore conta 3.800 euro in auto. Ma il denaro ricevuto sarebbe almeno il triplo
Porcino «il perno», lo definisce il commissario capo della polizia penitenziaria Daniele Alborghetti. Porcino, «il soggetto che, significativamente, spicca nel contesto accusatorio», scrive il gip. Non a caso è il solo finito in cella, a Parma, dei sei indagati sottoposti a misura cautelare. Porcino alla guida del carcere di Bergamo da 33 anni. Porcino al centro. Per questo motivo la Procura vuole vederci chiaro sulla regolarità di altri lavori, forniture, appalti relativi alla casa circondariale di via Gleno o comunque di strutture in qualche modo riferibili a Porcino. Il sospetto dei pm è che anche in altre circostanze, oltre in ipotesi alla fornitura di distributori automatici nel carcere di Monza, qualcuno sia stato avvantaggiato in cambio di regalie o denaro.