Denia Mazzola: «La mia incursione nella lirica pop»
Denia Mazzola Gavazzeni: un nuovo cd prima dell’Opera a Palazzo e Armoniae
Denia Mazzola Gavazzeni è una delle maggiori cantanti liriche in attività. Nel corso della sua lunga carriera ha spaziato in un repertorio vasto, dal Barocco al contemporaneo.
«La musica e la recitazione sono nel mio codice genetico. Mio padre era musicista autodidatta e un favoloso controtenore. Mia madre era attrice e capocomico della Filodrammatica del suo paese».
Come ricorda la sua infanzia?
«Triste, in una famiglia provata dalla malattia dei genitori. Ma c’era sempre quell’appuntamento in chiesa, alla corale, dove da bimba cantavo le più difficili opere sacre di Lorenzo Perosi».
Lei ha iniziato a lavorare giovanissima?
«Terminati gli studi che i pochi mezzi economici di famiglia consentivano, trovai lavoro come segretaria d’azienda. Mi impegnai anche nel sindacato. Affrontai in particolare il problema del rumore in fabbrica, che toccava livelli inaccettabili. Mi occupai personalmente, come delegata, della bonifica e il risultato divenne un esempio per le aziende di tutta la Lombardia».
❞ Dopo la morte di mio marito, il lavoro è proseguito con molte difficoltà, fra ostracismi, pettegolezzi e cattiverie
❞ Mi confortano i successi e l’attività con la onlus che vuole recuperare opere dimenticate e scoprire i giovani talenti
Ma la lirica?
«Allora la detestavo. In quei turbolenti primi anni Settanta mi occupavo dei diritti delle donne».
E come si avvicinò al mondo dell’opera?
«Durante una gita a Verona, con i miei concittadini di Bottanuco, all’Arena».
Che anno era ?
«Il 1974. In quella una notte stellata ebbi una folgorazione. Il “Vissi d’arte, vissi d’amore” di Floria Tosca mi spinse a giurare che avrei speso la mia vita per l’arte e l’amore, ricercando con tutte le mie energie di essere degna di tale promessa».
Che cosa decise di fare?
«Cercai un maestro di canto, mi trasferii a Milano e iniziai a fare audizioni. Continuavo a lavorare di giorno e studiavo nelle pause pranzo e la sera, dopo il lavoro. Partecipai ad un concorso di canto. Mi recai, giusto per provare, a Rieti. Il “Mattia Battistini” era concorso nazionale per nuove voci organizzato da Franca Valeri».
E come andò?
«Vinsi con la voce di Gilda nel Rigoletto di Verdi».
Quindi la sua attività di cantante lirica cominciava a decollare?
«Dopo il secondo concorso, mi classificai prima per il ruolo di Lucia di Lammermoor. Lasciai il lavoro, seguirono anni duri, ma ero stata abituata alle privazioni. Feci tante audizioni e ad ogni prova tornavo a casa con una scrittura».
Quando è avvenuto il suo debutto?
«Nel 1982 a Rieti, al Teatro Flavio Vespasiano, con la regia di Franca Valeri e la direzione di Maurizio Rinaldi».
Dunque, era già affermata quando conobbe il Maestro Gianandrea Gavazzeni?
«Sì. Lo conobbi alla Scala, mentre lavoravo con il Maestro Muti. In uno straordinario sodalizio, mio marito mi fece scoprire nuove potenzialità della mia voce. Grazie a lui affrontai un repertorio più lirico, sino ad arrivare al Verismo, a Strauss e Wagner .Insieme abbiamo realizzato 23 produzioni musicali: un vero record».
La sua carriera dopo la scomparsa del Maestro?
«È andata avanti, con molte difficoltà, fra ostracismi, pettegolezzi, cattiverie. Non ho mollato il mio lavoro che è progredito con numerosi successi interazionali teatrali e discografici».
Lei è presidente di un’associazione onlus.
«Ab Harmoniae nasce nel 2005. Una missione per il recupero di opere e compositori ingiustamente dimenticati e la scoperta di giovani talenti».
Ab Harmoniae si occupa anche di solidarietà?
«Siamo andati nelle favelas del Brasile, al capezzale di malati terminali, nelle carceri, fra i bimbi affetti da disturbi psichiatrici. Considero che la voce cantata sia un’autentica terapia dell’anima».
I suoi prossimi impegni artistici?
«Oltre alle rassegne musicali di Bergamo “L’Opera a Palazzo” per Bergamo Estate in collaborazione col Comune di Bergamo e “Armoniae della voce” per la Sala Piatti in collaborazione con la Fondazione MIa, ho in agenda attività in Italia e all’estero. A Milano in ottobre in sala Verdi canterò arie di Montemezzi e “L’Enfant prodigue” di Debussy».
Lei ha più di 160 titoli in repertorio fra opera, oratorio e sinfonico vocale.
«Lo scorso aprile è uscito il cd La Falena un’opera di Antonio Smareglia, per l’etichetta Bongiovanni. Ieri un altro un cd di otto mie canzoni: un’incursione nel mondo “pop-lirico”».
Il titolo?
«Amare, ancora…»
Si può?
«Certo che si può!»