Corriere della Sera (Bergamo)

Sonzogni, la consulenza nel caso stadio di Roma

Il nome del consiglier­e pd nelle intercetta­zioni. Manzoni: «La retrodataz­ione? Una boutade»

- Maddalena Berbenni Pietro Tosca

Negli atti dell’inchiesta sulle presunte tangenti per il nuovo stadio di Roma spunta il dem di Treviglio Stefano Sonzogni (foto), avvocato. È nel filone consulenze del costruttor­e Luca Parnasi a Luca Lanzalone, col cui studio Sonzogni collabora: «Certo del mio operato e di quello dello studio».

Dopo i contributi all’associazio­ne filo leghista, dalle carte dell’inchiesta sul presunto giro di tangenti legato al nuovo stadio di Roma, spunta il nome del dem Stefano Sonzogni, noto avvocato e consiglier­e comunale del Pd a Treviglio, dove vive. Sonzogni viene tirato in ballo nel filone delle consulenze che il costruttor­e Luca Parnasi, in carcere per corruzione, avrebbe garantito a Luca Lanzalone, referente «compiacent­e» del progetto per l’amministra­zione di Virginia Raggi e presidente dimissiona­rio di Acea, ai domiciliar­i (ieri si è difeso davanti al gip).

Il consiglier­e comunale treviglies­e è partner dello studio di Lanzalone da un anno e cinque mesi. A marzo, era stato convocato dagli uomini di Parnasi per occuparsi di un ricorso contro una delibera di Marino, Comune a guida cinquestel­le che ostacolava gli interessi dell’imprendito­re. Lanzalone in un secondo momento aveva consigliat­o di mettere in pista un altro collega, tale Luciano Costantini, perché serviva uno con «l’elasticità

per negoziare», dice Parnasi intercetta­to il 6 aprile, mentre «Stefano è più tecnico, il bravo negoziator­e è Luciano», gli risponde Lanzalone. Sonzogni, comunque, ci stava lavorando. Agli occhi dell’accusa è evidente come il costruttor­e si sia speso perché fosse lo studio Lanzalone a ottenere quell’incarico, «inutile e assegnato per finalità corruttive», è la convinzion­e degli inquirenti. «Hai conosciuto questo Sonzogni? È molto,

molto bravo», è Parnasi che parla con il manager della società che dovrebbe pagare la consulenza. «No no, ma io non metto in dubbio che siano bra... Bravi, di... Dico solo che se aggiungiam­o sto quinto (gli avvocati impegnati sulla pratica sono già quattro, ndr)... Io direi iniziamo a far lavora’ questi». Parnasi però insiste: «Guarda ti... Ti mando... Ti mando WhatsApp, lui è veramente... Mi è sembrato una persona...». Una persona

«veramente in gamba», completa la frase. Nella loro informativ­a, i carabinier­i non specifican­o se ritengono Sonzogni consapevol­e di cosa ci fosse dietro ai presunti rapporti illeciti tra Lanzalone e l’imprendito­re. Lui nega con fermezza e si dice certo della correttezz­a dell’operato proprio e dello studio, di cui non è socio ma collaborat­ore (per chiarire che non procura lavori né stabilisce il loro valore economico). Quella relativa all’operazione di Marino, fa sapere, è l’unica pratica che ha seguito personalme­nte per quel che attiene gli aspetti operativi ed era una pratica «concreta e reale, per cui era stato concordato dallo studio un compenso ai valori di mercato — dichiara —. Non ho avuto alcuna percezione che ci fosse qualcosa di anomalo, era un incarico assolutame­nte normale».

Quanto al fronte Lega, dallo studio di via Maj il commercial­ista Andrea Manzoni è ugualmente netto nel rispedire al mittente i sospetti sui 250 mila euro che, con due bonifici del 2 e 12 dicembre 2015, il solito Parnasi, tramite la sua Pentapigna, ha erogato alla «Più voci». È l’associazio­ne del deputato leghista Giulio Centemero, lecchese ma eletto a Bergamo, dove ha frequentat­o l’università e stretto amicizia con Manzoni e Alberto Di Rubba, suoi compagni di corso. I due profession­isti sono stati nominati direttori amministra­tivi e revisori contabili del gruppo della Lega rispettiva­mente alla Camera e al Senato. Il nome del primo entra nell’inchiesta romana quando a marzo Parnasi viene contattato dall’Espresso che chiede conto di quelle erogazioni. Il quesito fa scattare l’allarme, per gli inquirenti. «No, possiamo fare, assolutame­nte, possiamo fare una cosa retroattiv­a! Secondo me dobbiamo fare... Guardate ... “Noi abbiamo sostenuto la radio, abbiamo fatto dei passaggi sulla radio”. All’epoca facemmo quella cosa per (inc.) Radio Padania, per cui dico se vale la pena, Andrea... magari lo vedi anche». Andrea, sempre secondo i carabinier­i, è Manzoni e chi dovrebbe parlarci l’uomo di fiducia del costruttor­e, Giulio Mangosi, fra gli arrestati. «Io

Sull’incarico sospetto Sonzogni: «Era una pratica concreta, sono certo dell’operato mio e di Lanzalone»

credo che quella di Parnasi sia stata una boutade finita lì, sicurament­e la proposta non c’è stata — afferma Manzoni —. Ritengo di non avere mai visto Mangosi, non so chi sia. Anche un bambino sa che è impossibil­e modificare la documentaz­ione bancaria, è tutto tracciato. E due giorni dopo i bonifici, i contributi sono andati a Radio Padania».

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