Porcino alla Magoni: porta i santini
Dialogo tra assessore ed ex direttore, pm al lavoro. Il finanziere e la foto del voto in WhatsApp
«Porta i santini», dice sotto elezioni l’ex direttore del carcere Antonino Porcino (foto), intercettato, all’assessore regionale Lara Magoni, che deve fare visita a un detenuto. La telefonata è tra quelle finite nell’inchiesta su via Gleno e i pm ne hanno chiesto conto al direttore sanitario Francesco Bertè nell’interrogatorio di martedì. Nella stessa chiamata Magoni, indagata per voto di scambio, dice di avere il sostegno del medico. C’è inoltre la foto della scheda elettorale che un finanziere ha inviato a Bertè per dimostrargli di avere dato la preferenza all’ex sciatrice. Bertè ha ammesso di averla sostenuta, ma per semplice riconoscenza.
Gli inquirenti per primi ci vanno cauti. Perché sul coinvolgimento dell’assessore regionale al Turismo Lara Magoni nell’inchiesta che ha ribaltato via Gleno ci sono solo un messaggino in WhatsApp e frasi intercettate. E perché nemmeno da quegli scambi emerge una contropartita, elargita o promessa, alle preferenze che dall’ambiente carcere l’ex sciatrice di Selvino avrebbe raccolto. Quella è la base su cui può reggere l’ipotesi di reato di voto di scambio, per la quale è indagata. Sul punto, tuttavia, i pm Maria Cristina Rota ed Emanuele Marchisio, con carabinieri e Guardia di finanza, sono tornati a insistere martedì, nell’interrogatorio al direttore sanitario Francesco Bertè.
Il nome dell’assessore finisce nelle carte dell’inchiesta principalmente per via del medico, ai domiciliari per la finta malattia certificata all’indagato numero uno, Antonino Porcino, lui, alla guida per 33 anni, passato dalla pensione al carcere. In una telefonata non resa nota, un amico finanziere riferisce a Bertè di avere votato Magoni come da sua indicazione. In chat, via WhatsApp, gli invia pure la foto della scheda elettorale come per fornirgli una prova. In un’altra conversazione, il medico si bea con il suo interlocutore di avere convogliato sulla Magoni voti di «finanzieri», lasciando intendere che il militare dello scatto nell’urna non sarebbe stato l’unico a lasciarsi convincere. C’è, inoltre, un colloquio al cellulare tra Porcino e la stessa Magoni. Sono le settimane prima del 4 marzo e l’allora consigliere uscente, ricandidata alle Regionali e in lizza per Fratelli d’Italia anche al Senato (obiettivi raggiunti entrambi), chiama Porcino pergno ché vuole fare visita a un detenuto, un amico maestro di sci. L’ex direttore le spiega che non ci sono problemi, visto, tra l’altro, l’incarico di Magoni nella Commissione speciale sulla situazione carceraria in Lombardia. Il dialogo si sposta sulle elezioni. «Porta i santini», le suggerisce Porcino. Lei gli spiega di avere il soste- di Bertè. L’accusa prende nota di tutto, anche se nessuno sa come sia andata a finire, cioè se davvero l’assessore si sia presentata in via Gleno con materiale elettorale. Ieri, era impegnata nella prima riunione del Tavolo regionale del turismo e dell’attrattività. Ha preferito non rispondere, come dall’inizio dell’inchiesta: un unico commento per esprimere la sua fiducia verso la magistratura.
Durante l’interrogatorio in procura Bertè ha ammesso di avere caldeggiato la candidatura di Lara Magoni. Si conoscono. Sostiene di averlo fatto per ricambiare la gentilezza di lei quando l’aveva contattata per chiederle un’informazione personale. Voleva capire come accedere ad alcuni fondi del ministero dei Beni culturali per il cinema. Magoni l’ha fatto richiamare da un suo assistente, ma la pratica non è stata nemmeno avviata. Quanto alle preferenze cercate tra i finanzieri, il medico ha sminuito. Dice di avere esagerato in maniera un po’ spavalda, com’è nel suo modo di fare. Il suo intervento sarebbe servito a racimolare pochi voti. Gli avvocati Rocco Lombardo ed Emilio Tanfulla sono pronti a chiedere per Bertè la revoca della misura cautelare. Come hanno fatto quelli di Porcino. Dalla Procura, come prevedibile, è arrivato parere negativo.