«Quando la prof non cresce»
Bertagna: in educazione la dimensione erotica è sempre stata al contempo farmaco e veleno
Il professor Giuseppe Bertagna sul caso dell’insegnante ai domiciliari.
Ha fatto scalpore l’arresto della prof di 40 anni accusata di avere avuto rapporti sessuali con un suo alunno di 14. Giuseppe Bertagna è direttore del Dipartimento di Scienze umane e sociali in università.
Professore, è così raro che un ragazzino (o una ragazzina), si innamori della sua insegnante? Che cosa scatta?
«Lasciamo stare i casi patologici. Esistono. Ma la dimensione “erotica”, in educazione, è sempre stata allo stesso tempo un farmaco e un veleno. Dipende dall’equilibrio con cui la mobilita chi esercita l’auctoritas (da augeo, “far crescere”) ed è “magister” (è magis, di più) nei confronti di chi gli si affida. Se questa relazione erotica diventa, per lo studente, l’occasione per ammirare, stimare, seguire e aver piena fiducia nel maestro che guida verso la maturazione umana e culturale di sé è un bene. Se diventa altro, per debolezza e inconsistenza umana del docente, è motivo di gravi disordini».
E rispetto agli insegnanti? Succede spesso che si lascino coinvolgere?
«È più raro. Ma capita. Soprattutto quando una persona esercita la professione di insegnante senza «vocazione» e, soprattutto, senza aver integrato in maniera armonica e matura i propri lati chiari e oscuri. Qui non è questione di sapere più o meno bene la propria disciplina di insegnamento, ma di non essere diventati adulti perché rassegnati a restare sempre adolescenti fino alla pensione».
In questo caso, evidentemente, c’è un lato umano che domina su quello professionale: nel percorso formativo di un educatore sono previsti corsi specifici per preparare l’adulto ad affrontare queste situazioni?
«Purtroppo no. La formazione iniziale dei docenti è prevalentemente disciplinaristica. Inoltre, contro ogni buon senso, inizia troppo tardi: a 19 anni per chi vuole fare l’educatrice dell’infanzia o la maestra; addirittura a 24 o 25 per chi vuole andare nelle scuole secondarie. Mentre sappiamo tutti che la “vocazione magistrale” o si autentica fin dai 14 anni con opportune esperienze educative su cui riflettere in modo critico e a 360 gradi, oppure si degrada e traligna».
È normale che tra un professoressa e un alunno si crei un’empatia?
«Come ci insegna la teoria dei neuroni specchio, se non c’è empatia non c‘è nemmeno apprendimento. Il docente insegna. Ma, come sanno bene tutti i professori, non per questo gli studenti apprendono. Possono ripetere come magnetofoni nozioni non digerite. Apprendere, etimologicamente, vuol dire invece “rubare” attivamente al docente i concetti che espone si spera in modo affascinante, mettendo in gioco tutto se stesso. Ma nessun studente può apprendere senza rigenerare in sé quanto dice il docente. E questo processo non è soltant o intellettuale, ma anche emotivo, empatico e perfino corporeo. Per questo se manca feeling tra docenti e studenti la scuola è un pistrinum per ambedue: una condanna a girare quotidianamente la pesante macina del mulino come asini da soma».
In questo caso colpisce l’età del ragazzo, solo 14 anni. C’è anche una mancanza della scuola nel momento in cui, come pare, nessuno si rende conto della relazione?
«Molto difficile dirlo. Spesso i protagonisti di queste vicende fuori dalla norma si nascondono bene e dissimulano i loro rapporti. Ma è anche vero che l’esistenza di una comunità di relazioni educative come la scuola dovrebbe es- sere l’ambiente più adatto a scoprirli. Sarebbe interessante ad esempio sapere se chi ha attivato la Procura è una collega o uno studente».
Quant’è cambiato, rispetto al passato, il rapporto tra insegnante e studente?
«Moltissimo. È venuta meno, ad esempio, l’elezione. Da sempre allievi e docenti si sono scelti e, se non all’inizio della scholé, durante il percorso formativo. Oggi questa flessibilità non esiste più. Inoltre, sono visibilmente scemati prestigio dei docenti e rispetto degli studenti e delle famiglie nei loro confronti».
Relazioni Queste vicende sono fuori dalla norma, ma la scuola dovrebbe essere l’ambiente più adatto a scoprirle