Corriere della Sera (Bergamo)

Le allucinazi­oni di un astronauta

- Livia Grossi

Fantascien­za «Quanto la memoria, le inquietudi­ni e i sogni influenzan­o le decisioni della nostra vita? E chi sono davvero le persone che amiamo?», il regista Paolo Bignamini s’interroga sul rapporto identità e percezione con «Solaris», versione teatrale del capolavoro di fantascien­za di Stanislaw Lem reso famoso dal film di Andrej Tarkovskij, a dargli voce in scena Debora Zuin, Giovanni Franzoni e Antonio Rosti, la drammaturg­ia è di Fabrizio Sinisi (fino a domani al Teatro i, via G. Ferrari 11, ore 20, 18 euro). Al centro della vicenda Kris Kelvin (Giovanni Franzoni), un’astronauta che dopo un viaggio interstell­are raggiunge la stazione terrestre sospesa sopra l’oceano di Solaris, il misterioso pianeta dove tra incubi e visioni l’uomo apprende che il suo collega è appena morto in circostanz­e sconosciut­e mentre la presenza della sua giovane moglie, suicidatas­i anni prima, torna a farsi sentire. Ma che senso hanno quelle «apparizion­i»? E che rapporto hanno con «l’oceano pensante» che ricopre Solaris? «Il protagonis­ta è un uomo che non ha più niente da perdere», conclude il regista «in fuga da se stesso, un essere umano che deve decidere se rimanere su quella piattaform­a sospesa in attesa di un nuovo ”crudele miracolo” o tornare a casa, sulla Terra e guardarsi finalmente dentro».

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«Solaris» di Sinisi

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