UNA FAVOLA TRE MORALI
Una residente di Bergamo non si accorge che il suo pass è scaduto. Un mese dopo, cominciano ad arrivare le multe: 31, una al giorno. Lei va dai vigili, spiega la dimenticanza, loro condonano la violazione (quasi 3.000 euro), ma le chiedono di pagare comunque le spese di notifica (465 euro). Lei un po’ ringrazia, un po’ si incazza perché «qualcuno avrebbe dovuto avvertirmi della scadenza del permesso».
Piccola favola urbana, con tre morali. La prima: la signora è la rappresentante di una tipica attitudine contemporanea. Quella per cui «non è mai responsabilità mia, ci devono pensare gli altri». Pensate se si applicasse al pagamento delle tasse il principio invocato dall’interessata. Uno si dimentica di compilare il 740 e poi dice: «Ma come, non mi hanno avvertito!». La società sta diventando una specie di adolescenza senza fine, in cui è la mamma che ti deve rincorrere per chiederti se hai fatto i compiti, non sei tu a farli perché devi. Seconda morale: il mistero dell’accertamento. Non è che anche a voi, ogni volta che ricevete una multa, viene da chiedervi: ma perché 15,80 euro di accertamento e notifica? Non sono pochi, e dovrebbero corrispondere a uno sforzo di ricerca adeguato. Ma in realtà si tratta di schiacciare due tasti al computer. Anni fa presi una multa per eccesso di velocità su un’autostrada svizzera. Tre (tre!) giorni dopo mi giunse a casa l’avviso con tanto di foto e zero euro (anzi, franchi) di aggravio.
Perché da noi un mese per accertare a chi appartiene un’auto nella stessa città? Perché 50 centesimi al giorno per… per fare cosa, esattamente? Terza morale: siamo tutti alla mercé di un’entità superiore. Lo è anche la Polizia Locale che, magnanima nello scontare la multa, alza le braccia quando si tratta di abbuonare le spese dell’accertamento: quelle non vanno a loro, anzi sono loro che le pagano a un esattore terzo, lo stesso che ci mette un mese a notificare. Come si fa a pagare qualcuno che fa un lavoro così lento e così scarso?
Ma non c’è niente da fare. La comandante Messina ha un nome per questa procedura. Si chiama «Autotutela onerosa». Un capolavoro di burocratese che ricorda il soave «ravvedimento operoso» che ben conosce chi salta un pagamento Iva. Io lo tradurrei con «un lavoro fatto male e pagato troppo» e per di più in carico a terzi. E così torniamo al primo punto: tanto, ci deve pensare qualcun altro…