Sulle orme delitto del
Dalla Stretta Bagnera alla Cattolica Un percorso nella metropoli noir tra omicidi efferati, storici e irrisolti
Prima che, nel 1888, Londra fosse scossa dai delitti di Jack lo Squartatore, Milano nel 1860 scoprì di ospitare un serial killer la cui ferocia non si rivelò da meno di quella del «mostro» inglese. Il «Jack» meneghino si chiamava Antonio Boggia e aveva il suo covo a due passi da via Torino, nella Stretta Bagnera, oggi via Bagnera, la strada più stretta della città. Teatro ideale per occultare le gesta macabre di Boggia, muratore, classe 1799, che là, in una cantina, occultò i cadaveri di tre delle sue quattro vittime, massacrate negli anni precedenti con ascia e mannaia, a scopo di lucro. Boggia fu condannato a morte nel 1862 e la sua testa venne donata all’Ospedale Maggiore per essere studiata da medici e scienziati, tra cui Cesare Lombroso che, secondo la sua teoria fisiognomica, ne rintracciò l’indole dell’assassino.
Non lontano da via Bagnera, al Carrobbio, perse la vita la notte tra il 26 e il 27 agosto del 1913 Elvira Andrezzi, non ancora 18enne. La bella Elvira stava cercando di uscire dall’ambiente malavitoso, tra prostituzione e ligera (malavita «leggera») e aveva intrapreso la carriera di cantante, con il nome d’arte di Rosetta de Woltery. Quella notte stava festeggiando con cinque amici. Quando alcuni poliziotti intimarono loro di andarsene, i giovani non obbedirono. Colpita da una manganellata, per la versione ufficiale morì in ospedale il 27 agosto, dopo avere ingerito veleno. Ma secondo diverse testimonianze e un’inchiesta del quotidiano
Avanti!, Elvira Andrezzi morì a causa delle percosse. Il processo si concluse senza colpevoli, ma la Rosetta è rimasta nel cuore di Milano grazie alla canzone popolare «La povera Rosetta», interpretata anche da Milly e da Nanni Svampa.
Senza il nome dell’assassino anche l’omicidio di Simonetta Ferrero, 26 anni, studentessa alla Cattolica, a Sant’Ambrogio, uccisa nei bagni dell’università con 33 coltellate il 24 luglio 1971. Il corpo di Simonetta fu trovato da un giovane seminarista il 26 luglio. La pista più accreditata fu quella passionale.
Un omicidio, la fotografia di un’epoca: la vicenda che vide al centro Terry Broome è emblematica della «Milano da bere». Broome, modella americana di 26 anni, a Milano si immerse nel clima di un certo ambiente, tra feste, alcol, cocaina. La sera del 25 giugno 1984, in compagnia del fidanzato Giorgio Rotti alla discoteca Nepentha in piazza Diaz, Terry incontrò un uomo, Francesco D’Alessio, 40enne, tra i protagonisti delle nottate della «Milano bene». I due si erano conosciuti a un party, dove Terry rifiutò le avance di D’Alessio. L’uomo cominciò a perseguitarla, anche al Nepentha la molestò. Tornata al residence dove stava con Rotti, Terry prese la pistola del fidanzato, andò nella casa dove alloggiava D’Alessio, in corso Magenta, e lo uccise. Tentò la fuga, ma fu arrestata a Zurigo. Scarcerata nel ‘92, tornò in Carolina del Sud.
Fu porta Venezia lo scenario di una strage, il 29 novembre 1946. Protagonista, la 30enne Rina Fort. Abbandonata dall’amante, Giuseppe Ricciardi, accecata dall’odio, salì in casa di Ricciardi, al 40 di via San Gregorio, mentre l’uomo era assente, e massacrò con una spranga la famiglia dell’amante: la moglie 40enne e i tre figli, di sette, cinque anni e un piccolo di dieci mesi. Rea confessa, fu condannata all’ergastolo. Uscita dal carcere dopo 28 anni, si spense nel 1988.
Una passeggiata noir che, seguendo quest’ordine, si può fare in una giornata.