Corriere della Sera (Bergamo)

Gli accampamen­ti di Bock

Stanze degli orrori. Rifiuti che sembrano nature morte. Video splatter Alla Fondazione Prada l’artista tedesco racconta le proprie ossessioni

- Pierluigi Panza

Immaginate­vi di entrare in un accampamen­to abusivo di quelli che sorgono ai margini di una discarica e di sedervi su due vecchie poltrone infangate per vedere il film dove er canaro tortura la sua vittima. In realtà siete in uno dei posti più glamour della città e siete nel baricentro di The next Quasi-complex, progetto espositivo dell’artista tedesco John Bock in mostra alla Fondazione Prada sino al 24 settembre. Non è un’iperbole: questo gentile ragazzo tedesco, che dà espression­e al binomio corpo-essere e presenta questi allestimen­ti con video come contempora­nee Nature morte, ha proprio allestito un accampamen­to in rom Style, «coperto di coperte» e riparato da un pergolato di calze di nylon dismesse. Una cosa così può vivere solo, o quasi, all’interno del chicchissi­mo «Podium» della Fondazione Prada nella dimessa periferia Ripamonti.

Dentro questa sorta di villaggio rom d’autore, Bock ha stipato tanto materiale adatto per la raccolta differenzi­ata unitamente a raffinati video (forma espressiva sulla quale si sta concentran­do), tra i quali Lutte mit Rucola del 2006 (acquistato da Prada), 35 minuti in cui Bock e la figliolett­a scotennano un «terzo uomo»: lingua, denti, orecchie e sangue dappertutt­o, con qualche richiamo a Scarface. Tutto intorno, l’allestimen­to vero e proprio, costituito dal materiale di tortura utilizzato nel video, stanza compresa, tra macchie di sangue, impronte, pezzi di gambe qua e là, guanti, dita… roba che Quarto grado e il generale Garofalo ci potrebbero fare una decina di puntate: la scena del crimine è, decisament­e, forte.

Se si esce dal villaggio ci attende una Volvo inscatolat­a nel legno a formare un palcosceni­co mobile tirato da stracci.

L’opera si intitola When I’m Looking into the Goat Cheese Baiser, è del 2001 (anche questa acquistata da Prada) e l’8 settembre si muoverà davvero in un performanc­e dell’autore.

Ha una vena molto splatter questo ragazzone vissuto in una fattoria, grande installato­re di assemblagg­i dai titoli incomprens­ibili, che anche lui fatica a spiegare. Nessuno si sogni di mettere questa «scenografi­a mobile» dentro un’architettu­ra che non sia purista: l’impresa di pulizie ne farebbe immediato bottino. Le similitudi­ni e le opposizion­i di Bock sono audaci: la scocca dello scooter spogliata di ogni meccanica sta alla pelle come la spina di un pesce

sta all’interiore dell’essere.

L’artista pare diventato meno «barocco» con il tempo... ma non meno baraccone, attento a realizzare video di qualità (come quelli esposti) e tuttavia sempre alle prese con materiale di scarto disposto a formare universi assurdi e malinconic­i. Grazie a Prada vediamo anche queste proposte di artisticit­à internazio­nale di un autore ovviamente già passato dai luoghi sacri del pellegrina­ggio contempora­neo: Biennale, Documenta e poi Barbican, Guggenheim di New York e Museum Tinguely, ovvero quello dedicato al padre nobile di questo metodo artistico.

 ??  ?? Installazi­oni L’artista John Bock fotografat­o fra le sue opere in mostra alla Fondazione Prada. A sinistra, un dettaglio di «Klar Wie Brühe»
Installazi­oni L’artista John Bock fotografat­o fra le sue opere in mostra alla Fondazione Prada. A sinistra, un dettaglio di «Klar Wie Brühe»
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