SENTENZE E FAIR PLAY
Dal manuale della vera società civile: le sentenze non si commentano, si rispettano. Io penso però che in troppi casi, purtroppo, si subiscano. Succede quando la giustizia fa il suo corso nel modo più cervellotico, macchinoso, contorto, tanto da diffondere nell’aria un soffio venefico di dubbio e di sospetto. Neanche a dirlo, è il caso della sentenza che pone fine allo strazio dell’estate, restituendo al Milan il suo posto in Europa League e risbattendo l’Atalanta nel girone dantesco delle qualificazioni. Dobbiamo essere molto chiari e onesti: l’Atalanta si è ritrovata tra le mani la possibilità di evitare questo teatrino, ma l’ha sprecata pareggiando in casa proprio col Milan l’unica partita che doveva vincere. Dunque, siamo schiavi dei nostri errori. Ma una volta preso il nostro torto, non è possibile tacere sulla vergogna di questa giustizia alle vongole, per una volta tutta europea, senza venature di Italia allo sbando. Prima l’Uefa ci dice che il Milan non ha i conti a posto, quindi il Tas ci spiega tutto il contrario. Inutile provare a comprendere le tortuose analisi che portano al risultato. Resta il risultato: l’Atalanta apprende di dover giocare prima di subito. Comunque la si giri, per quanto possa essere giusto il verdetto, il metodo resta a pieno titolo un’asinata. Dice il direttore nerazzurro Spagnolo: «Il fair-play finanziario è una pagliacciata». Sono totalmente d’accordo a metà. Per qualunque pagliacciata servono dei grandi pagliacci. Facciamo gli applausi a loro, prima di tutto.