Se l’algoritmo fa sedere vicini italiani e coreane
Sul Frecciarossa per Roma il destino mette di fronte due ragazze coreane e due studenti italiani. Le prime estraggono un biglietto Europe Rail e sembrano soddisfatte. Gli italici, con la sigla CR7 scolpita nei capelli, hanno l’aria annoiata.
In materia non sono un’autorità e vado preso con beneficio del dubbio. Vedo però stagliarsi netta nella distesa desolata dei miei ricordi una nozione. Quella secondo cui gli antichi riconoscessero al destino un potere illimitato al quale dovevano assoggettarsi anche gli dei. Allora lo rappresentavano come un telaio entro cui s’incrociavano i fili delle vicende umane e divine, ma oggi lo potremmo ridurre a un algoritmo. A una di quelle sequenze alfanumeriche che studiano di nascosto le nostre abitudini per poi venirci a dire cosa consumare, quali cibi mangiare, dove andare in vacanza, chi verrà a sedersi accanto a noi in aereo e chi davanti a noi cospargerà il proprio corpo di oli solari in spiaggia a Sharm el Sheikh. Diciamo che a differenza del destino che è cieco, l’algoritmo ci vede benissimo, predispone tutto e se poi qualcosa deve succedere succede. Sul Frecciarossa per Roma del 21 luglio (data di nascita di Ernest Hemingway) l’algoritmo ha messo di fronte due ragazze coreane e due studenti italiani. Le orientali estraggono un biglietto Europe Rail e compilano l’ennesima tratta di un viaggio di migliaia di chilometri sulle ferrovie d’Europa. Parlano (in inglese perfetto) del loro viaggio e sembrano molto soddisfatte. I loro coetanei italici hanno l’aria annoiata. Uno dei due s’è fatto scolpire nei capelli CR7, sigla di Cristiano Ronaldo e passa tutto il tempo a sfiorare la scritta con punta delle dita come se stesse leggendo col sistema Breil. L’altro si guarda in giro e sbuffa: «Palleeee», esclama, «il treno non mi becca più, auto tutta la vita…». Non so cosa possa fare l’algoritmo. Ma credo che il destino abbia già deciso tante cose. Non tutte a nostra insaputa.