Una sera con Metheny
Il grande chitarrista jazz è in concerto ad Arona «L’Italia è il mio Paese d’elezione: mi sa ispirare»
Innovatore della chitarra jazz che va a braccetto con la fusion, capace di dipingere maestose immagini sonore raffiguranti paesaggi americani e visioni del mondo, Pat Metheny, eterno ragazzo del Missouri, dove è nato 63 anni fa, a Kansas City, è l’ospite più atteso dell’Arona Music Festival che si svolge al parco della Rocca Borromeo. Stasera, il celebre compositore statunitense, vincitore di ben 20 Grammy Awards, si presenta sul palco con «An evening with Pat Metheny», accompagnato da una band che vanta il suo storico sodale Antonio Sanchez, recentemente consacrato dal grande pubblico per aver composto con la sola batteria la colonna sonora del film «Birdman», il film di Alejandro Gonzales Inarritu vincitore di 4 Premi Oscar, la bassista australiana di origine malese Linda May Han Oh, e il pianista britannico Gwilym Simcock.
Lei è in tour senza un disco da promuovere, ma ha un repertorio infinito. Cosa suonerà stasera?
«Siamo partiti in tour nel 2016, appena costituito il quartetto e da poco mi sono dedicato all’album che ho finito di mixare recentemente. Non abbiamo una scaletta fissa. La decidiamo giorno per giorno. Quindi, a parte qualche classico dei miei, sarà una sorpresa. So che con questa band possiamo suonare praticamente qualsiasi brano, che sia uno standard jazz o musica brasiliana; per non parlare delle mie composizioni. L’energia è sempre al massimo livello ogni sera e mi aspetto un pubblico pronto ad ascoltare la mia musica di ieri e quella che ho composto per questo tour».
Quali sono i chitarristi che l’hanno influenzata?
«Nessuno in particolare, ma un po’ tutti. Django Reinhardt è quello al quale sono più debitore perché è stato determinante nella scelta della chitarra come strumento. Avevo infatti iniziato con la tromba e Miles Davis è probabilmente il musicista che più mi ha influenzato».
Con quale criterio sceglie i musicisti del suo famoso group?
«Antonio Sanchez suona con me da quando lo sentii a Torino nel trio di Danilo Perez. Sono passati quasi diciotto anni. Linda e Gwilym li seguivo e apprezzavo già da tempo e quando li ho invitati a suonare con me ho scoperto che conoscevano tutta la mia musica e il mio approccio a essa».
A lei piace collezionare chitarre. Quante ne ha raccolte e quale preferisce?
«Francamente non lo so. In oltre 40 anni di tour in giro per il mondo me ne sono state regalate centinaia da ottimi liutai. Le mie preferite sono ovviamente quelle che uso dal vivo».
Secondo lei, dove andrà la musica del futuro?
«I musicisti delle ultime generazioni hanno possibilità di apprendimento e strumenti molto maggiori di quando io ho iniziato a suonare. Il livello medio si è alzato tantissimo ma spesso tecnica e nuove tecnologie dicono poco se manca il cuore».
Lei suona spesso in Italia. Quali musicisti conosce?
«Ho diviso il palco con alcuni “grandi”. Non faccio un elenco per timore di dimenticarne qualcuno, però posso citare il Enrico Rava o Carlo Mariani che ebbe l’intuizione geniale di farmi suonare assieme alle launeddas sarde, o Rita Marcotulli con la quale mi sono esibito anche nel lungo tour fatto assieme a Pino Daniele. Essere informato sulla musica degli altri paesi per me è sempre stato un fatto naturale, fortemente stimolato dal mio viaggio sonoro che è in buona parte un viaggio fisico fatto di centinaia e centinaia di città visitate in tutto il mondo sin dall’inizio della mia carriera. Con l’Italia però il rapporto va molto oltre l’informazione, la curiosità, la stima e l’ammirazione che nutro per la musica e i musicisti di altri Paesi. Perché è il mio Paese d’elezione, sia per il grande successo che ho avuto, sia per l’ispirazione artistica».
❞ Il programma Non ho una scaletta precisa. Potremo suonare standard, pezzi miei o musica brasiliana