Atalanta, con il Sarajevo pari da incubo
L’Atalanta spreca troppo nella ripresa, risultato contro le previsioni
Una gran seccatura: i primi dieci minuti del ritorno sullo scenario europeo danno l’idea che questi preliminari, alla fine, per l’Atalanta potrebbero essere solo quello, ma un black out nella ripresa, un uno-due di stampo pugilistico, chiariscono che la gran seccatura può essere letta al contrario.
C’è da faticare, c’è da penare. È un Europa operaia, da tuta blu, fisicaccia, niente rose e fiori, niente tappeti rossi. L’Atalanta cala al Mapei Stadium contro il Sarajevo con tutta una serie di interrogativi che, inevitabilmente porta con sé qualsiasi debutto di stagione, compresa anche la mezza gabola del malanno di Ilicic, ma basta un minuto, uno solo in cui Mancini, the new Caldara, fatica a star dietro al guizzo di pennellone Ahmetovic, dopodiché si potrebbe stendere sul campo una tovaglia a quadri. Picnic Uefa.
Sarajevo o che cosa sarà? «Dai che iè nisù» sembra più una constatazione che un coro, perché il pressing dei nerazzurri diventa, fin dal quarto d’ora iniziale, un attacco a Fort Apache. Gasp propone l’Atalanta rodata che gioca a memoria e, a tratti, di una leggerezza di gioco che riesce a neutralizzare anche il caldone africano. Atalanta fresca, freschissima di testa. Che è quello che conta. Dunque Berisha in porta (rinfrancato dal «salta con la curva») e il solito 3sua con il terzetto di retroguardia formato da Toloi a destra, Mancini e Masiello a sinistra. In mezzo al campo da destra Hateboer, de Roon, Pessina (inattesa novità al posto di Valzania e Gosens), e in avanti D’Alessandro, Barrow e il Papu che comincia a pungere come una zanzarina già al 9’. La sua incursione la dice chiara: la fascia sinistra sarà la terra di conquista serale.
Il Sarajevo non ci capisce molto. La fisicità serve a poco quando hai a che fare con chi sa far girare la palla. Figuriamoci quella imperdonabile di lasciare liberissimo Masiello che serve di testa con una palla al bacio Toloi a ridosso di Pavlovic. Al gladiatore Andrea non riesce di inaugurare la serie degli eurogol, ma saperlo in campo con la stessa convinzione offensiva è una garanzia. La prima palla in fondo alla rete, all’11’, è una formalità che fa ipotizzare un punteggio tennistico. Ci provano tutti con un’intraprendenza giocosa, a cominciare da Barrow. Il ragazzo ha dalla sua una agilità di disimpegno che gli fa inquadrare la porta in un paio di occasioni: si ca4-3, pisce che, rispetto alla scorsa stagione, sta acquistando consapevolezza dei suoi (potenti) mezzi. In campo si macinano dei gran palloni, Hateboer ci mette tutta la sua fisicità e, oplà, dal cilindro del Gasp che lo preferisce a Valzania, spunta un Pessina che non perde un pallone (e che non fa rimpiangere Freuler). Se il buongiorno si vede dal mattino sarà una gran bella storia. Quella della sorpresa che non ti aspetti. Se il Papu gira bene a sinistra, sulla destra D’Alessandro, che ha dalla sua la leggerezza, fa fatica a sintonizzarsi. Intanto Mancini, al 47’ ci mette la testa raccogliendo un suggerimento di Toloi. E siamo 2-0.
Nella grande sarabanda di occasioni mancate in avvio di ripresa, con Gomez che regala perle a tutti e che tutti sprecano (prima Zapata e poi una clamorosa sghembata di Barrow), si avverte netta la sensazione di dover chiudere i conti. E Gosens, in effetti, sui piedi ha la palla per farlo ce l’ha, ma Pavlovic respinge. Così arrivano i cinque minuti di buio, prima con una girata di Handzic al 22’ e poi con Sisic, con pasticci difensivi tra Toloi, Mancini e Berisha. Al Sarajevo non pare vero, ai nerazzurri che si guardano straniti nemmeno: sono bastate due incursioni per rimettere in pari il piatto della bilancia. Mettiamoci tutta la fatica del caso, ( meno di quanto si potesse pensare) ma è un gusto amaro che tutto il pressing e pure i 7 minuti di recupero non riescono a cancellare. Due a due. E il due agosto l’imperativo sarà vincere.
In campo Le reti di Toloi e Mancini. Gomez ispira tutti, ma non arrivano altri gol