A lezione di senso civico
opinione diffusa che l’Italia sia un Paese caratterizzato da un limitato senso civico, nel quale i cittadini antepongono le istanze personali e famigliari a quelle della società e si mostrano più propensi a rivendicare diritti che a riconoscere i propri doveri. Partiamo da ciò che conta per gli italiani: al primo posto, prevedibilmente, gli affetti ( famiglia, amore e amicizia), seguiti dalla qualità della vita (salute, lavoro, sicurezza per il futuro) e dai valori (il rispetto delle regole, la solidarietà e l’impegno sociale). Tra le azioni considerate inaccettabili primeggiano i danni alla collettività, seguiti dai comportamenti amorali (rubare e corrompere in primis) e dalla mancanza di rispetto per gli altri. Quando è nato l’Osservatorio sul Senso Civico promosso da Comieco per valorizzare le buone pratiche ambientali, abbiamo trovato conferme a questo stereotipo, ma anche molte contraddizioni. Il rapporto tra noi e gli altri appare complesso, improntato a diffidenza e preoccupazione: con tutta evidenza la crisi economica e le difficoltà vissute dagli italiani hanno dato il via a una sorta di ripiegamento difensivo. I cittadini sono molto severi con la classe dirigente del Paese (solo 1 su 10 pensa che sia d’esempio), ma lo sono anche con gli italiani: basti pensare che il 71% è convinto che la società civile non sia diversa dai politici quanto a furbizia e anomia. Emerge un senso civico «fai da te», originato da aspetti etici e da quanto si è appreso in famiglia e a scuola. Ed è un senso civico che trova espressione e si alimenta in comportamenti quotidiani che vanno dal volontariato alle donazioni, dalla raccolta differenziata alle mobilitazioni spontanee dei cittadini: fra queste quella di Milano, all’indomani delle devastazioni dei black bloc nel giorno dell’inaugurazione dell’Expo, è stata l’esempio più eclatante. Oggi solo la scuola è ritenuta dalla maggioranza degli italiani (58%) un soggetto che si prodiga per stimolare il senso civico. Non lo sono i mass media, la politica e la classe dirigente. É un dato confortante, perché indica quanto sia diffusa l’aspettativa che le giovani generazioni possano essere animate da civismo; ma al contempo è sconfortante, perché ci suggerisce che la popolazione è rassegnata alla presenza di un mondo adulto dotato di scarsa sensibilità civica. A scuola dunque può ricominciare il futuro.