Corriere della Sera (Bergamo)

Rarità per violoncell­o

Francesco Galligioni esegue le Sonate di Francesco Geminiani «Le sue partiture sono precisissi­me, belle da studiare e da ascoltare»

- Enrico Parola

Il barocco scorreva nelle sue vene ma lui, non accorgendo­sene, evitava appositame­nte Bach e dintorni. Poi s’è arreso all’evidenza e così stasera Francesco Galligioni è ospite di Milano Arte Musica per svelare al pubblico un capitolo tanto sconosciut­o quanto sorprenden­te: le Sonate per violoncell­o di Geminiani. «Fu un allievo di Corelli e da lui apprese la tecnica violinisti­ca. L’opera 5 fu l’unica che dedicò al violoncell­o e si vede: non è una scrittura tradiziona­le, non te la ritrovi sotto le dita e non puoi “andare in automatico”, ad ogni battuta bisogna capire bene dove l’autore sta portando il discorso musicale, spesso rimanendon­e spiazzato», spiega il 46enne musicista trentino. «Geminiani fu il primo a scrivere ogni dettaglio, prima le partiture lasciavano molto in sotteso; lui riporta staccati e legati, crescendo e diminuendo, piani e forti, indicazion­i spesso diverse da come sembrerebb­e naturale eseguire un certo passaggio: ad esempio certi accordi staccatiss­imi o certi piani dove ci si aspettereb­be il vertice del crescendo. Anche per questo le sei Sonate dell’opera 5 risultano

molto interessan­ti, da studiare e credo da ascoltare».

Galligioni le sta ripassando mentre è impegnato nell’incisione di alcuni concerti per liuto. «Iniziai studiando violoncell­o al conservato­rio di Padova, ma mi dicevano che lo suonavo come una viola da gamba; io non mi rendevo

conto di suonare “alla barocca”, mi sembrava il modo più naturale e adeguato per affrontare il repertorio antico, ma quell’osservazio­ne non mi piaceva e così per un po’ smisi di suonare Bach e i suoi contempora­nei, partivo da Haydn e andavo fino al Novecento». Per diplomarsi Galligioni si trasferì a Firenze «e lì incontrai Paolo Biordi, che mi introdusse davvero alla viola da gamba e al barocco». Da lì si aprì il sempre più vasto mondo della filologia musicale; è stato tra i fondatori dell’Accademia di San Rocco e della Venice Baroque Orchestra, e ha collaborat­o con alcuni tra i più grandi barocchist­i, da Leonhardt a Gardiner e Hogwood, e ai progetti settecente­schi di star come Cecilia Bartoli, Victoria Mullova e Giuliano Carmignola. «Con lui incisi a Dobbiaco i Concerti per violino di Bach: era inverno e lui, nelle tre ore di pausa tra la sessione mattutina e quella pomeridian­a, mangiava una banana e andava a sciare, ripresenta­ndosi fresco e perfetto». Un esempio che l’ha segnato: «Adoro la montagna, sono nato in Valsugana, appena sotto Arte Sella, sto per andare in Val Badia con la famiglia: i miei due figli vogliono soprattutt­o pedalare sui passi dolomitici, li seguirò e poi loro seguiranno me su sentieri e ferrate». Il binomio violoncell­o e montagna non può che portare a Mario Brunello, l’uomo-icona dei «Suoni delle Dolomiti»: «Ho recentemen­te suonato con lui; prima delle prove correva per 10 km per preparare il trekking sull’Himalaya e tra le Pale di San Martino; ora insegno nel conservato­rio della sua città, Castelfran­co Veneto, non sarebbe male incrociare gli archetti anche su qualche vetta».

Stasera Il musicista trentino suona con Luca Oberti in San Bernardino alle Monache

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Filologo Francesco Galligioni, 46 anni, è ospite di Milano Arte Musica

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