Rarità per violoncello
Francesco Galligioni esegue le Sonate di Francesco Geminiani «Le sue partiture sono precisissime, belle da studiare e da ascoltare»
Il barocco scorreva nelle sue vene ma lui, non accorgendosene, evitava appositamente Bach e dintorni. Poi s’è arreso all’evidenza e così stasera Francesco Galligioni è ospite di Milano Arte Musica per svelare al pubblico un capitolo tanto sconosciuto quanto sorprendente: le Sonate per violoncello di Geminiani. «Fu un allievo di Corelli e da lui apprese la tecnica violinistica. L’opera 5 fu l’unica che dedicò al violoncello e si vede: non è una scrittura tradizionale, non te la ritrovi sotto le dita e non puoi “andare in automatico”, ad ogni battuta bisogna capire bene dove l’autore sta portando il discorso musicale, spesso rimanendone spiazzato», spiega il 46enne musicista trentino. «Geminiani fu il primo a scrivere ogni dettaglio, prima le partiture lasciavano molto in sotteso; lui riporta staccati e legati, crescendo e diminuendo, piani e forti, indicazioni spesso diverse da come sembrerebbe naturale eseguire un certo passaggio: ad esempio certi accordi staccatissimi o certi piani dove ci si aspetterebbe il vertice del crescendo. Anche per questo le sei Sonate dell’opera 5 risultano
molto interessanti, da studiare e credo da ascoltare».
Galligioni le sta ripassando mentre è impegnato nell’incisione di alcuni concerti per liuto. «Iniziai studiando violoncello al conservatorio di Padova, ma mi dicevano che lo suonavo come una viola da gamba; io non mi rendevo
conto di suonare “alla barocca”, mi sembrava il modo più naturale e adeguato per affrontare il repertorio antico, ma quell’osservazione non mi piaceva e così per un po’ smisi di suonare Bach e i suoi contemporanei, partivo da Haydn e andavo fino al Novecento». Per diplomarsi Galligioni si trasferì a Firenze «e lì incontrai Paolo Biordi, che mi introdusse davvero alla viola da gamba e al barocco». Da lì si aprì il sempre più vasto mondo della filologia musicale; è stato tra i fondatori dell’Accademia di San Rocco e della Venice Baroque Orchestra, e ha collaborato con alcuni tra i più grandi barocchisti, da Leonhardt a Gardiner e Hogwood, e ai progetti settecenteschi di star come Cecilia Bartoli, Victoria Mullova e Giuliano Carmignola. «Con lui incisi a Dobbiaco i Concerti per violino di Bach: era inverno e lui, nelle tre ore di pausa tra la sessione mattutina e quella pomeridiana, mangiava una banana e andava a sciare, ripresentandosi fresco e perfetto». Un esempio che l’ha segnato: «Adoro la montagna, sono nato in Valsugana, appena sotto Arte Sella, sto per andare in Val Badia con la famiglia: i miei due figli vogliono soprattutto pedalare sui passi dolomitici, li seguirò e poi loro seguiranno me su sentieri e ferrate». Il binomio violoncello e montagna non può che portare a Mario Brunello, l’uomo-icona dei «Suoni delle Dolomiti»: «Ho recentemente suonato con lui; prima delle prove correva per 10 km per preparare il trekking sull’Himalaya e tra le Pale di San Martino; ora insegno nel conservatorio della sua città, Castelfranco Veneto, non sarebbe male incrociare gli archetti anche su qualche vetta».
Stasera Il musicista trentino suona con Luca Oberti in San Bernardino alle Monache