Corriere della Sera (Bergamo)

La mamma: «Io sono ancora disperata, adesso devono pagare»

- Fabio Paravisi

Lei ha un’idea in mente, e nessuno gliela toglie: «Io non potrò mai credere che Bara si sia buttato: me l’hanno ucciso e poi l’hanno buttato di sotto». Awa Yombe Dieye si trova nella casa di Almè affacciata sulla provincial­e, in cui suo figlio Bara ha vissuto per quattordic­i anni. Quella a cui nei giorni del dramma gli amici avevano affisso lo striscione «Non ti dimentiche­remo mai, per sempre nei nostri cuori». E in cui vive il resto della famiglia: Sidi Thiam, padre di Bara, il fratello Baye Mor e la sorella Bamby. E appunto la madre, che dalla notizia arrivata quella domenica sera non si è ancora ripresa: «Per fortuna che ho un lavoro, al centro accoglienz­a a Botta di Sedrina. Lì c’è sempre molto da fare e non ci penso. Ma poi quando torno a casa il dolore mi salta addosso di nuovo come il primo giorno. Sono ancora disperata, una disperazio­ne che non mi passa mai, la sento tutti i giorni. E ho bisogno di sostegno. Mio marito lavora, io qui non ho miei parenti e infatti nell’ultimo anno sono tornata due volte in Senegal». Anche Bara ritornava spesso alla sua città natale, Dakar: «Voleva bene ai nostri parenti. Doveva andare in Africa anche l’anno scorso in agosto. Ma qualcuno gli aveva rubato il portafogli con i documenti. Quando poi è morto il portafogli è stato ritrovato nel parco vicino ai carabinier­i. Una cosa che non capisco». I genitori del ragazzo non sembrano convinti dell’esito delle indagini: «Non so chi sia stato ma sono sicura che me l’hanno ucciso». È d’accordo suo marito: «Le persone coinvolte non dicono quello che sanno». Le indagini ricostruis­cono i fatti in modo diverso: «Non credo che Bara sia saltato nel burrone — è però sicura la donna —. Lo hanno trovato in una posizione che non è quella di uno che ha saltato, anche perché aveva il collo fratturato e non le gambe. Qualcuno lo ha ucciso e poi buttato giù». «Ma se anche Bara si fosse buttato — aggiunge suo marito — voi vedete uno che cade in un burrone e non dite niente fino al giorno dopo?». Pare che quella sera Bara avesse bevuto: «Non ne so niente, non so nemmeno se lui bevesse — assicura la madre — . Quando tornava a casa era sempre tardi e io ormai ero a letto». Tra gli indagati c’è un amico di Bara: «Quel ragazzo mi ha detto che erano stati quelli che rincorreva­no Bara a farlo tornare indietro». Adesso forse si farà giustizia su quello che è successo quella sera: «Chi lo ha fatto — dice la madre — deve pagare». «Perdere un figlio di vent’anni — conclude suo marito — è dura, molto dura»

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Il saluto Lo striscione affisso dagli amici di Bara al balcone della casa del ragazzo, ad Almè

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