Paese senza leader Fontana a Bratto per il suo ultimo libro
Promesse mirabolanti, campagne elettorali infinite Dietro le quinte di un sistema oscuro e frantumato
Da dove ripartire Coraggio delle responsabilità, meritocrazia e recupero della civiltà del dialogo
Il direttore del Corriere Luciano Fontana venerdì a Bratto presenta il suo ultimo libro, giunto alla terza ristampa
Venerdì alle 17, all’Hotel Milano di Bratto, Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, presenta il suo ultimo libro «Un paese senza leader – Storie, protagonisti e retroscena di una classe politica in crisi», edito da Longanesi.
Èuscito in un momento particolare per il nostro Paese, caratterizzato da molteplici contraddizioni, il nuovo libro del direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana (Longanesi editore, 223 pagine, 16,90 euro). Non è strettamente un saggio di politologia ma un contributo di grande attualità che indaga sulle ragioni profonde della crisi politica e di una irritante campagna elettorale ricca di promesse mirabolanti che è stata da più parti giudicata tra le peggiori e che sembra non avere mai fine.
Obiettivo di un buon saggio è anche quello di riuscire ad animare un dibattito e andare oltre il tessuto narrativo. E questo è successo e sta accadendo con quello di Fontana, arrivato alla sua terza edizione, attraverso incontri e presentazioni in tutta Italia chiedendosi dove sta andando il Paese e le ragioni del male oscuro che indebolisce la democrazia.
Anche le sferzanti vignette di Emilio Giannelli, incominciando da quella parlante in copertina , una monumentale carrozza barocca guidata dal presidente della Repubblica, con i protagonisti della scena politica sull’orlo di uno strapiombo, accompagnano gli otto capitoli che analizzano i venticinque anni della cosiddetta Seconda Repubblica . Del resto, il tema del precipizio è stato ripreso anche dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung con un titolo poco generoso: «Mamma mia» (sottotitolo: L’Italia è il ragazzo problematico dell’Europa) la copertina con l’Ape Piaggio con il Tricolore che si lancia giù da un burrone mentre il guidatore fa il gesto dell’ombrello.
Un lavoro molto accurato che ripercorre i passaggi cruciali della democrazia rappresentativa attraverso un intreccio di personaggi visti da vicino; episodi, dettagli e incontri inediti da Berlusconi a Renzi, da Prodi a Veltroni e Rutelli, da D’Alema a Salvini, da Grillo a Di Maio e Gentiloni in un contesto che sembra aver dimenticato i valori unificanti della Costituzione.
Nella introduzione Fontana ricorda come siamo partiti con l’illusione di un Paese conteso da due schieramenti, sinistra riformista e destra conservatrice con forti leadership investite direttamente (o quasi) dagli elettori e come siamo arrivati al traguardo delle elezioni politiche con un sistema frantumato, diviso, affollato di partiti e partitini che invocano le virtù del proporzionale.
Così il Paese viene rappresentato meglio, si dice, così non si piega la volontà popolare. È il segno di una resa, di un male oscuro che ha prodotto governi instabili, consumato leader veri o presunti, diffuso nel mondo l’immagine di un’Italia inaffidabile, ca- pace solo di accumulare debito, moltiplicare gli impedimenti burocratici, tassare chi produce e chi lavora. Problemi che interpellano il cittadino e il rapporto anomalo tra il sé e lo Stato.
Ma c’è qualcos’altro nello spirito del Paese che sta cambiando in peggio: la presenza sempre più pervasiva delle tecnologie digitali nella vita di tutti i giorni, di cui l’autore si è a lungo occupato, che ha tanti aspetti positivi ma purtroppo a causa dell’anonimato sta diventando la palestra degli odiatori di professione che fanno proseliti. Un’opportunità grande che però va maneggiata con cura perché semplifica molto l’articolazione del pensiero e incoraggia ad utilizzare frasi ad effetto e il richiamo del nulla. Del resto una battuta di sicuro porta più «mi piace», ma quasi mai offre risposte concrete ed efficaci a problemi come il debito pubblico o il tasso di disoccupazione.
Un luogo di esibizionismo digitale di massa del rancore e della svalutazione del merito e delle competenze con le connessioni social semplificatorie. Formare la classe dirigente sembra diventato un compito secondario. Ci penserà la democrazia casuale di internet a risolvere tutto con qualche migliaia di clic dimenticando che il proliferare di «false notizie» e la manipolazione più sfacciata dimostrano quanto sia necessaria per i cittadini e le sorti della democrazia una informazione verificata e di qualità. È iniziata una nuova fase, la tanto invocata e mai arrivata competizione bipolare perde la maschera. La legge elettorale deve essere più proporzionale possibile, per la classe dirigente si vedrà. Il politologo Giovanni Sartori con i suoi scritti sul Corriere della Sera lo aveva capito sin dal 1993 ricordando che dal sistema bloccato era uscito soltanto un sistema frantumato che non fa più sistema. La specificità della leadership è parte della persona e della conoscenza e richiede competenze di eccellenza, contenuti sempre innovativi, valorizzazione dei meriti più che delle disponibilità, tanto impegno e tanta determinazione insieme a convinzione e coerenza. La società della condivisione e della partecipazione digitale si è convertita nel suo contrario: «leader che stanno sempre sul palcoscenico e ci stanno sempre più da soli» perché da tempo si usa la propaganda come strumento di analisi della complessità e in questo modo il vero si appiattisce sul falso.
Da dove ripartire? Se lo chiedono in tanti ma la speranza arriva proprio nell’ultimo capitolo con il coraggio della responsabilità, perché competenza, professionalità e selezione dei rappresentanti in base al merito, in una situazione estremizzata, sono indispensabili insieme alla volontà di fare tanti passi in avanti per recuperare la civiltà del dialogo, il rispetto degli altri e lo spirito di servizio.
Una lettura coinvolgente ed un’analisi della incapacità politica dei leader di rimanere a lungo e di creare un tessuto di fiducia e di durata con la costruzione di percorsi stabili ed efficaci. Anche perciò suggerirei il libro a coloro che prediligono un’ottica lungimirante e responsabile lontana dal fascino degli incantatori.