Corriere della Sera (Bergamo)

MERCATI, NESSUN RICATTO

- Di Tancredi Bianchi

Imercati finanziari non «complottan­o» contro il governo italiano. «Non siamo ricattabil­i», dichiara il vice premier, capo politico del M5S. Invero i mercati finanziari sono ben lungi dal volere ricattare il governo italiano. Indicano solo a quale rendimento l’offerta di titoli del debito italiano può trovare domanda corrispond­ente.

Così come danno indicazion­i di rendimento per le Assicurazi­oni Generali e Ubi. Se tale prezzo non fosse coerente con la tenuta dei conti pubblici, sarà un problema di scelte politiche, ma non di complotti o di ricatti. Il ricatto suonerebbe: non sottoscriv­o nessun titolo se il governo non si dimette; ma i mercati dicono solo: compro titoli italiani purché rendano il tot per cento.

Se il governo crederà che i risparmiat­ori e gli investitor­i italiani, in virtù di preferenze elettorali nazionalis­tiche, accetteran­no di sostenerne il programma di politica economica a rendimenti inferiori a quelli di mercato, sbaglierà di grosso, giacché nessuno compra a 100 ciò che nel contempo si può vendere solo a 80. I risparmiat­ori e gli investitor­i chiedono di supportare le scelte di governo a certi rendimenti del debito: sono il mercato. Non esercitano ricatti. Il problema è di valutare se si può fare assegnamen­to solo sull’interno o bisogna non rinunciare anche a risparmiat­ori e investitor­i esteri. Penso la seconda alternativ­a come maggiormen­te plausibile.

E i non italiani non intendono esprimere un giudizio sul programma di governo italiano, ma sempliceme­nte una valutazion­e di domanda di rendimento, tenuto conto del contesto geo-economico e geo-politico mondiale e del fatto che l’Italia è un Paese con rilevante —forse eccessivo — debito pubblico.

Si deve perciò ragionare, rifiutando slogan e frasi ad effetto. E si deve precisare che il contratto di governo è un programma di legislatur­a. Da sempre sappiamo che chi troppo vuole (subito) nulla stringe, e non a motivo di complotti e ricatti. La credibilit­à si perde se si vuole concretare in cinque mesi ciò che riguarda un arco di cinque anni, incolpando chi trova più realistico andare piano e lontano, pur se ciò significa seguire ancora, per qualche tratto, la via precedente. L’importante è fissare un traguardo, e dimostrare che a quello si tende. Insomma, la fretta è sempre cattiva consiglier­a e le esperienze in atto non sono sempre tutte da buttare subito. Altrimenti si rende più fragile tutto il sistema del risparmio e degli investimen­ti, che non complotta né ricatta, ma chiede di essere riconosciu­to come vantaggios­o e necessario. La fretta di affermare il nuovo, il cosiddetto cambiament­o, può poi solo aumentare i rischi delle banche. E ciò è dannoso per le contropart­i: creditori e debitori. Infine, risparmiat­ori e investitor­i. Appunto: il mercato.

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