Corriere della Sera (Bergamo)

LE PAROLE CURANO

- Di Giuliana Ubbiali

L’équipe per l’ascolto e la mediazione dei conflitti all’ospedale Papa Giovanni è un servizio recente ma anche un ritorno al passato. Dai racconti della referente emerge che spesso basta parlarsi per evitare che un malinteso si trasformi in una causa. «Tali organismi non giudicano, non prendono provvedime­nti e mantengono sempre una posizione neutrale; il loro obiettivo è far rivalutare i fatti dalle parti», recita il sito della Regione Lombardia, che dal 2010 ha voluto questi gruppi. Al di là delle buone intenzioni verso i pazienti e i loro familiari, è evidente che uno degli scopi sia evitare di mettere in campo gli avvocati. Il rischio è alto, lo indicano i numeri: lo scorso anno solo al Papa Giovanni sono arrivati 3.000 reclami verbali e 337 scritti. È la spia di quanto i cittadini siano più agguerriti, forti anche di comitati e trasmissio­ni tivù sulla difesa dei diritti e, di conseguenz­a, di quanto medici e infermieri siano sempre più esposti. Dai casi emerge anche un aspetto più psicologic­o che sanitario. Le lamentele sono più per la percezione di essere stati trascurati che per la prestazion­e, spesso di eccellenza. È la sanità dei numeri che limita il rapporto con il paziente, perché bisogna pedalare. La mediazione fa incontrare e mettere l’uno nei panni dell’altro. Alla vecchia maniera. Il personale sanitario obietterà che sembra semplice: ma allora non potrebbe sforzarsi di ascoltare un po’ di più? E il paziente, oltre a pretendere il sacrosanto diritto alla salute, potrebbe anche capire il lavoro dei sanitari.

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