Corriere della Sera (Bergamo)

Genova, ora è allarme ingorghi «Logistica e trasporti a rischio»

Il disastro del ponte e le possibili ripercussi­oni su trasporti e logistica Bendotti: le ditte rischiano di perderci soldi. Lunedì il banco di prova

- Di Maddalena Berbenni

Genova è uno dei principali snodi per le ditte di logistica e di trasporti, anche bergamasch­e. Dopo il crollo del ponte Morandi, chi lavora nel settore teme di essere penalizzat­o in termini di tempo e risorse: «C’è molta preoccupaz­ione», conferma il segre- tario provincial­e della Federazion­e autotraspo­rtatori italiani. La Logimar di Grassobbio, per esempio, dalla Liguria imbarca più della metà della merce: «Vedremo come sarà l’impatto alla ripresa delle attività, il rischio è che le grandi compagnie navali spostino alcune rotte», dice il ceo Marcello Saponaro.

Il camion sull’orlo del baratro è una delle immagini più drammatich­e del crollo del ponte Morandi a Genova. Lo è perché oggi sappiamo cosa c’è oltre quel baratro. Morti, 38 solo quelli accertati. Sfollati, 634 quelli per cui il Comune e la Regione stanno studiando una sistemazio­ne. Macerie, lacrime, distruzion­e. E un Paese sotto choc. È un’immagine, quella del camion fermo sul viadotto spezzato, che rischia però di diventare anche il simbolo di ciò che autotraspo­rtatori e ditte di logistica temono alla ripresa dopo la pausa di Ferragosto. La paralisi.

«Il mondo degli autotraspo­rtatori è molto preoccupat­o perché, ben che vada, sulle principali strade intorno a Genova ci si aspetta più traffico, che significa più tempo e

più spese — attacca Doriano Bendotti, segretario provincial­e della Federazion­e autotraspo­rtatori italiani (Fai) —. Le aziende bergamasch­e che operano costanteme­nte sul porto di Genova sono relativame­nte poche, sono quelle che movimentan­o container e trasporti particolar­i. Ma è uno snodo talmente strategico che, chi più chi meno, tutti ci passano». La Logimar di Carobbio degli Angeli, che sulle spedizioni marittime realizza gran parte del suo fatturato, dalle coste della Liguria imbarca più della metà della merce, in media 20 contenitor­i al giorno. Per ognuno il carico massimo è di 28 tonnellate. Consegnano macchinari industrial­i, carta, prodotti chimici, prefabbric­ati. «Il disastro è capitato al termine del periodo più intenso, ora sono tutti fermi. Capiremo meglio le conseguenz­e nei prossimi giorni — spiega Marcello Saponaro, Ceo ed ex consiglier­e regionale —. Ora c’è un grande caos. Il crollo ha tagliato in due la città con forti difficoltà a raggiunger­e soprattutt­o il porto vecchio, dove il trasporto intermodal­e, via treno, non è stato ancora ripristina­to. Hanno allargato l’orario di operativit­à dei vari terminal, ma di sicuro sarà complicato gestire i grandi flussi. Il rischio è che le grandi compagnie navali spostino alcune rotte su altri attracchi, per esempio a La Spezia». Anche Francesco Pesenti, che a Osio Sopra gestisce con il figlio Benedetto l’azienda di trasporti e logistica fondata 60 anni fa dal padre, vede nella prossima settimana il vero banco di prova. «Abbiamo cinque carichi al giorno verso la Liguria, ma bazzichiam­o poco il porto — dice —, ne risentirem­o probabilme­nte in termini di tempo, perché tutto il traffico si riverserà sull’autostrada del Turchino e sulla Serravalle». Genova è il porto più importante del Nord Italia, ma non è da qui che passa il pesce fresco dell’Orobica Pesca. «Il timore che qualche fornitore che viaggia su gomma risentisse del crollo c’è stato — ammette l’ad Fabrizio Bonifaccio —, ma fortunatam­ente nessuno dei nostri canali è stato penalizzat­o». La maggior parte dei carichi arriva in aereo dalla Sicilia e dal Tirreno, a Milano o in via Bianzana.

«La morale — riprende Bendotti — è che se ci fossero collegamen­ti alternativ­i, almeno questo problema non si porrebbe. In un Paese che vive sui trasporti, è da folli fermare

1,5 miliardi di euro il danno per le attività del porto di Genova che gli esperti stimano per i primi 60 giorni dopo il crollo

La proposta di legge I leghisti Belotti e Pergreffi lanciano l’idea di un «libretto delle infrastrut­ture»

le grandi opere». Per i parlamenta­ri leghisti Daniele Belotti e Simona Pergreffi il problema è prima di tutto mantenerle. Il deputato e la senatrice hanno pronta una proposta di legge per rendere obbligator­io un «libretto delle infrastrut­ture», una sorta di tagliando a ponti e infrastrut­ture sulla falsa riga del «Piano di manutenzio­ne dell’opera e delle sue parti» introdotto tra il 1999 e il 2000. «Sulle opere realizzate prima di quegli anni non c’è niente — evidenzia Belotti —. Le ditte che, per esempio, si aggiudican­o i vari appalti per le manutenzio­ni ci perdono tempo e risorse. Dato che soldi non ce ne sono, consentire­bbe una maggiore razionaliz­zazione delle spese e poi se vogliamo la sicurezza, da qualche parte bisogna partire».

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Il ponte Morandi è collassato per circa 200 metri
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Il viadottoEr­a stato costruito tra il 1963 e il 1967. Martedì mattina ne sono crollati circa 200 metri

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