L’inferno a Romano, otto case distrutte
L’incendio nella notte e la fuga in strada dopo la chiamata partita da un passante
Una passante ha dato l’allarme, all’una di notte: «Uscite», ha urlato. Le fiamme erano già alte, in via Montecatini 48, a Romano. Da un cumulo di pneumatici si sono propagate a otto appartamenti. Le famiglie sono corse in strada, anche con i bambini, e ora sono ospiti dai parenti. Sono rientrate per prendere poche cose: «La nostra vita è in un sacco». Tra di loro un papà con due figlioletti che a inizio agosto è stato travolto da un pirata della strada e ha perso il lavoro.
Una tranquilla notte d’estate che all’improvviso si trasforma in un inferno di fuoco, che avvolge e distrugge le case di sette famiglie. È quanto successo nella palazzina al civico 48 di via Montecatini, a Romano di Lombardia. Dopo l’una, il rogo è divampato da una catasta di copertoni sotto il portico e si è propagato fino al tetto, diventando incontrollabile. I residenti, 22 persone tra cui anche dei bambini, hanno potuto solo cercare scampo in strada.
Quella che era la loro casa nasce come una porzione della vecchia fabbrica chimica Montecatini, dei primi del ‘900. Da almeno 30 anni, quella parte di stabilimento è stata riconvertita in residenza. In tutto ci sono otto appartamenti ma la notte tra giovedì e ieri solo sette erano abitati. L’ultimo è appena stato acquistato e il nuovo proprietario vi si doveva trasferire a settembre.
Su un lato dell’edificio sono rimaste due arcate aperte, in una passa la strada, è un tratto privato ma l’uso è pubblico, che si stacca dalla vera e propria via Montecatini. Nell’altra arcata, invece, il gommista Marino Zoppetti, la cui attività ha un’uscita secondaria sulla via, accatasta i vecchi copertoni da smaltire. Uno stoccaggio che secondo le prime verifiche dei vigili del fuoco e dei carabinieri non violerebbe le norme, essendo effettuato su area privata, benché non recintata. Da lì è partito il fuoco. Le cause sono ancora da accertare: sul posto non sono stati trovati inneschi, ma la storia è ancora tutta da scrivere. Indagano i carabinieri.
«Stavo per andare a letto — racconta Loredana, che abita all’ultimo piano —. Per fortuna mi sono trattenuta a vedere la televisione. All’improvviso ho sentito urlare in strada. Era una donna che dava l’allarme. “Uscite, uscite, va tutto a fuoco, rischiate di bruciare dentro”. Mi sono affacciata e ho visto le fiamme». Da quel momento la notte diventa un in- cubo. Gli inquilini si danno la sveglia l’uno con l’altro. La tromba delle scale è già invasa da un denso fumo nero.
Il marito di Loredana e Domenico Fuoco, un trentenne che con la moglie e i due figli si è trasferito nella palazzina da due mesi, provano a buttare acqua sulla catasta di copertoni con le canne utilizzate per annaffiare, poi svuotano un estintore ma il muro di fuoco continua a montare sempre più compatto e alto. Le fiamme trovano aperta una finestra al primo piano, da lì si propagano all’interno e raggiungono il tetto, che è in legno e subito si incendia.
Sul posto arrivano sei squadre di vigili del fuoco, tre da Romano, due da Treviglio e una da Bergamo. Aver ragione dell’incendio è complicato. I copertoni, una volta incendiati, hanno un forte potere calorifico, lo stesso il tetto in legno. Sulla palazzina vengono riversate decine di migliaia di litri di acqua. Per lavorare all’interno, i pompieri devono ricorrere ai respiratori. Le operazioni di spegnimento terminano alle 9. Della palazzina rimane solo uno scheletro fumante.
Fin dai primi momenti dell’incendio sul posto è accorso anche il sindaco Sebastian Nicoli. Quando è chiaro che la palazzina non si salverà, fa allestire un centro di accoglienza nella palestra di via Cavalli. Gli sfollati sono 22, ma qualcuno trova subito riparo dai parenti. Il centro rimane aperto fino al pomeriggio quando tutti riescono a trovare una sistemazione. Un’unica famiglia sarà ospitata dalla Croce rossa di Martinengo.