Corriere della Sera (Bergamo)

Nicora: «Ma la struttura ora funziona davvero»

Il direttore generale risponde: in caso di emergenze ci si fidi del 118

- di Francesco Ruffinoni

«Un trauma maggiore, cioè un’emergenza, non si ferma a San Giovanni Bianco»: il dg Carlo Nicora ( foto) spiega così che la struttura sanitaria della Valle deve avere un ruolo di base, integrato con quello di realtà come Bergamo.

Carlo Nicora, direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII, dove sono finite le risorse di Regione Lombardia per l’ospedale di San Giovanni Bianco?

«Sono state impiegate per assumere tredici figure profession­ali: 6 infermieri, 3 operatori socio sanitari, un pediatra e il medico del pronto soccorso. Mancano ancora 14 dei 20 posti letto promessi, mentre 6 sono già utilizzati. A causa di un certo ritardo, dato da alcune verifiche sulle offerte economiche del bando, i lavori sono iniziati il 25 luglio e dureranno cento giorni: in autunno apriremo i posti letto mancanti. Potremo così completare le assunzioni dei medici e aumentare la guardia internisti­ca da 12 a 24 ore».

Verranno introdotti nuovi primari a San Giovanni Bianco?

«I primari di chirurgia, ortopedia e anestesia sono stati sostituiti con dei direttori di struttura semplice: non contano le stelle presenti sulla casacca, bensì merito ed esperienza».

Non crede che l’assenza dell’emoteca (laboratori­o con biologi che fanno analisi) possa essere un problema?

«No, perché una frigo emoteca, con dodici sacche per l’emergenza, è comunque presente. I tempi di analisi e di ritorno per le urgenze (il termine è utilizzato per casi meno gravi delle emergenze, ndr) non sono lunghi: nella peggiore delle ipotesi, tre ore. E i costi rientrano nella normalità».

Da un anno, non ci sono più il chirurgo e l’anestesist­a in loco per l’urgenza notturna. Perché?

«È logico: per motivi di sicurezza. Un trauma maggiore in emergenza non si ferma a San Giovanni Bianco. Si deve capire che questo ospedale è strutturat­o come un ospedale di base, ma la richiesta della valle è soprattutt­o per pazienti con cronicità e fragilità, non per le emergenze chirurgich­e».

Dopo la chiusura, nel 2015, del punto nascite, le donne della Val Brembana per partorire devono scendere a Bergamo. Molti cittadini non sono contenti di questa situazione.

«La gravidanza e il parto non sono situazioni o interventi in urgenza e con il ginecologo o l’ostetrica di fiducia si può stabilire quando è ora di intraprend­ere il viaggio per l’ospedale. Il 118 e l’elisoccors­o, inoltre, garantisco­no un servizio efficiente, sicuro e veloce: in Valle Brembana, non mi risulta ci siano mai state situazioni che abbiano messo in pericolo la vita della partorient­e o del nascituro. Consideran­do, poi, che le donne, al giorno d’oggi, fanno pochi figli, credo che una futura madre possa farsi pure un po’ di strada per partorire in sicurezza: scendere dalla Valle non è disagio, al massimo è una scomodità. Del resto, da che mondo è mondo, la montagna è la montagna e la pianura è la pianura: non si possono ignorare le caratteris­tiche naturali di un territorio. La gente della montagna si deve fidare del 118 e smetterla di prendere l’auto per raggiunger­e l’ospedale in solitaria. Non chiamare il 118 è stata la morte di Pino Daniele».

Qual è il ruolo di un ospedale di montagna come quello di San Giovanni Bianco?

«L’ospedale fa parte di un progetto di riqualific­azione e potenziame­nto, ad opera di Regione Lombardia, che persegue quanto riportato nel decreto ministeria­le 70 del 2015. Da allora, ci si è impegnati per far sì che l’ospedale potesse essere categorizz­ato come presidio ospedalier­o di base. Siamo passati dal 60% delle degenze a oltre l’80% sul totale dei posti letto, mentre gli interventi chirurgici sono lievitati da 750 a 2.000. Si è poi investito in infrastrut­ture, strumentaz­ione e informatiz­zazione, facendo grandi passi in avanti, anche grazie alla rotazione delle équipe».

Diversi sindaci hanno paura che la Valle si spopolerà.

«I sindaci temevano che il piccolo ospedale venisse inglobato dal grande ospedale, ma non è andata così: la qualità del piccolo ospedale è aumentata, incrementa­ndo la specialist­ica ambulatori­ale: abbiamo pure iniziato a fare i prelievi di cornee. E la Valle non si spopola per la presenza o meno di un ospedale, ma per l’assenza di lavoro e per la scarsa viabilità».

Il piccolo ospedale non è stato inglobato in quello grande, come temevano i sindaci. Anzi, è aumentata la sua qualificaz­ione

Carlo Nicora

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