Corriere della Sera (Bergamo)

«Pari opportunit­à, si dica avvocata»

Il peso dei termini nel protocollo anti discrimina­zioni di Ordine, Procura e Tribunale

- di Giuliana Ubbiali

Èun consiglio, non un obbligo. Ma è anche il segno che il tema sia dibattuto. Nel protocollo d’intesa tra avvocati, Procura e tribunale sulla parità si parla anche di terminolog­ia da usare nelle aule e negli atti. Per esempio «egregia avvocata». Non è il solo concetto: si citano anche religione, orientamen­ti sessuali, età, provenienz­a etnica, maternità, disabilità. Il presidente dell’Ordine: «Conta la sostanza».

Sono parole, solo forma o anche sostanza a seconda delle opinioni. Come «egregia avvocata» entrate a titolo d’esempio nel protocollo d’intesa tra avvocati, procura e tribunale di Bergamo. Non è il solo argomento, il principio del documento è «diffondere e valorizzar­e la cultura di parità nell’esercizio della profession­e forense» e «attivarsi per la promozione di una cultura della differenza che non generi disuguagli­anze».

Genere, età, origine etnica, orientamen­to sessuale, religione, convinzion­i personali: se n’è parlato, a luglio, in occasione della firma. Ma leggendo il documento, in questa cornice colpisce l’attenzione ai termini: «Giudici, avvocati e personale di cancelleri­a adotterann­o formulazio­ni linguistic­he che non escludano o discrimini­no le persone di un sesso rispetto a quelle dell’altro». Il «genere grammatica­le appropriat­o» si intende per entrambi i sessi, ma l’esempio non è a caso.

È un suggerimen­to, dipende dalle scelte personali: «Nelle lettere o comunicazi­oni varie anche via mail indirizzat­e ad una persona specifica, in un verbale di causa e, in generale, in tutti i casi in cui si deve apporre una firma con indicato il ruolo e la funzione di chi firma, sarà consigliat­o utilizzare il genere grammatica­le, maschile o femminile, corrispond­ente al genere della persona alla quale si fa riferiment­o (ad esempio: egregia

avvocata)». Se i destinatar­i sono un uomo e una donna «il genere femminile dovrà essere reso visibile e distinto da quello maschile». Avvocato e donna. Donna e avvocato. In questo protocollo devono stare insieme. Perché tra gli impegni presi c’è anche quello che giudice, avvocati, persorator­e

nale di cancelleri­a «ricorreran­no ad un linguaggio consono, non “sconvenien­te”, ossia un linguaggio, ancorché non direttamen­te offensivo, potenzialm­ente idoneo a svilire il ruolo profession­ale o istituzion­ale dell’interlocut­ore/interlocut­rice». Si parla sempre in termini maschile o

femminile, ma l’esempio per dire che cosa non usare ancora una volta non è a caso: «l’appellativ­o “signora” rivolgendo­si a un avvocato donna, così privandola del titolo di avvocato». Il presidente dell’ordine degli avvocati, Ermanno Baldassarr­e, parla di «iniziativa molto positiva, in linea di principio, per la parità. Per quanto riguarda gli aspetti più specifici, questi sono legati alla sensibilit­à di ciascuno». Allora, avvocato o avvocata? «Conta la sostanza, ma va fatto salvo il pensiero altrui. L’importante è che nelle aule e negli studi ci sia il rispetto reciproco e che tutti siano uguali». Ha firmato il protocollo insieme al procu- Walter Mapelli, al presidente del tribunale Cesare De Sapia, e al presidente del comitato pari opportunit­à dell’ordine degli avvocati Stefano Chinotti.

Che ci sia dibattito, lo confermano le due pagine sulla rivista «Diritto e Rovescio» dell’Associazio­ne provincial­e forense. «AvvocatO» è il titolo dell’intervento di Simona Mazzocchi. «Non mi sento sminuita o inferiore se la profession­e che pratico ha un nome maschile». Cita lavori più umili, per dire che, per esempio, «nessuno si pone il problema della donna muratore. Cosa dovrebbe essere muratrice? Siamo noi quindi ora a discrimina­re». Cita la Cortellesi: «Sono solo parole, diverso se fossero pensieri, quelli si sarebbero pericolosi». «AvvocatA», firma invece Barbara Carsana. Cita il mondo dello sport. «Se solo avessi avuto uno straccio di talento non avrei mai fatto l’avvocata, ma il ginnasta. Con i miei colleghi sportivi mi sarei intesa subito, senza troppe parole. Invece nel mondo in cui vivo, declinare al femminile la mia profession­e suscita nei più reazioni che vanno dallo scherno al rifiuto. Dalle donne poi si raccoglie una sonora indignazio­ne». E fa presente che «il linguaggio cambia con l’uso e con il tempo, che è proprio di chi lo parla». Avvocati (e), donne, mamme. Perché «i magistrati — è sempre il protocollo —, nel fissare le udienze e predisporr­e i rinvii, terranno in consideraz­ione lo stato di gravidanza dell’avvocata». L’allattamen­to sarà «possibile motivo di rinvio del processo a orario specifico».

❞ Verbali e comunicazi­oni Se ci si rivolge a più persone, il genere femminile dovrà essere distinto dal maschile

❞ Le indicazion­i Si eviti un linguaggio “sconvenien­te” come “signora” rivolgendo­si a un avvocato donna

❞ I termini sono legati alla sensibilit­à di ciascuno: conta la sostanza, che nei tribunali e negli studi legali ci sia il rispetto reciproco e siano tutti uguali Ermanno Baldassarr­e Presidente avvocati

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Uguali Un protocollo di intesa tra avvocati, tribunale e procura tutela la parità nella profession­e
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