«La filosofia ci salverà»
Andrea Labanca presenta al Carroponte l’album «Per non tornare»: bisogna comprendere la complessità per parlare di temi importanti
«Per me la musica è soprattutto espressione, è il mio modo di raccontare il mondo per come lo vedo io: un tempo volevo graffiare l’attenzione di chi mi ascoltava, ora sono più interessato a scavare dei buchi nella sabbia dove far cadere la gente». Parlando del nuovo disco che presenterà stasera al Carroponte, Andrea Labanca cita dei versi del poeta piemontese Ernesto Ragazzoni: «C’è chi taglia e cuce brache, chi leoni addestra in gabbia, chi va in cerca di lumache, io fo buchi nella sabbia». Non è che uno dei riferimenti letterari che negli anni hanno ispirato il cantautore milanese, 40 anni, all’attivo quattro dischi e diverse esperienze in bilico tra musica e teatro. Ora è il momento di «Per non tornare», questo il titolo dell’album uscito lo scorso gennaio.
«Mi hanno fatto notare che sembra rimandare a un libretto di istruzioni, non mi dispiace come idea», commenta Labanca. E spiega: «Il disco parla di quei momenti in cui qualcosa che ha fatto parte di noi è diventato fonte di dolore, non importa se si tratta di un luogo, di una persona o di uno stato mentale». Tema centrale, la fuga, ma anche la rivoluzione intesa come «movimento interiore, personale, non sociale», spiega l’autore. «Quasi tutti i nuovi brani rappresentano un addio a qualcosa, l’istante in cui si decide di spostare il punto di osservazione e di cambiare la propria storia». C’è la malinconia,
dunque, ma unita alla voglia di scoperta e all’ironia. Qualità che si innestano in un lavoro dal sound eclettico, prodotto e arrangiato da Gianluca De Rubertis, già noto come metà de Il Genio, il duo dell’hit del 2008, «Pop Porno». Così, se ascoltando «Facciamo l’amore» la mente corre a Rino Gaetano, altrove siamo di fronte a un cantautorato pop che va in più direzioni, con qualche eco di Cesare Cremonini e di quell’Enzo Jannacci di cui Andrea è grande fan. «Di Gaetano mi contagiano l’immediatezza e il surrealismo», confida il cantautore. «Jannacci lo considero
“un mostro” con cui confrontarmi, talmente presente nella mia vita che nella quotidianità mi capita di citarlo frequentemente».
Eccola, la quotidianità, tallone d’Achille di ogni artista che desideri vivere di musica. Oltre a scrivere canzoni e ad abbracciare i più svariati progetti artistici (si va dalle performance con l’artista anglotedesco Tino Sehgal a una collaborazione con lo scrittore Aldo Nove), Labanca è maestro di scuola elementare. «Il lavoro perfetto per confrontarmi con il futuro», lo definisce lui, che da laureato in Filosofia con una tesi su Albert
Einstein auspica un ritorno a una dialettica lontana dalle semplificazioni che dominano il dibattito pubblico dall’avvento dei social network. «Studiare filosofia mi ha insegnato ad affrontare qualsiasi questione sviscerandone ogni aspetto», afferma Labanca. «Penso sia la mancata comprensione della complessità a farci essere così superficiali su temi importanti come salute, lavoro, immigrazione. Epicuro diceva “vivi nascosto”: vorrei vedere più persone applicare questa massima filosofica».