Corriere della Sera (Bergamo)

LA BONTÀ EFFIMERA

- Di Davide Ferrario

Una più che commendevo­le associazio­ne bergamasca mi rivolge la richiesta di aderire a una loro campagna di sensibiliz­zazione. Si tratta di farsi fotografar­e con un gadget preparato appositame­nte, facendo da «testimonia­l»: la fotografia verrà poi diffusa sui social network. Altre volte mi era stato chiesto di indossare una maglietta con sopra uno slogan, di dover dire in video una frase tipo «Anch’io supporto l’iniziativa…»; e così via. Finisco sempre per dire di sì, anche perché spesso c’è un rapporto personale con chi fa la richiesta e sembra anche da maleducati dir di no. Ma non posso fare a meno di pensare che tutto questo è un po’ — diciamo — improprio. Le intenzioni di partenza sono ottime.

È lo strumento che lascia più di un dubbio. Questa «bontà» che non costa niente, giusto un clic o un sorriso, e che poi viene diffusa in modo altrettant­o effimero, che reale effetto ha? Cambia il cuore di qualcuno? Smuove qualcosa nel mondo? Da laico, non credo per principio che sia la sofferenza la misura del valore. A volte basta davvero poco per fare del bene, e a costo zero. Ma sento che ci vuole un impegno serio, che è l’esatto opposto di quasi tutto quello che circola in rete. Per fortuna è vero anche il contrario: proprio perché sembrare buoni in questo modo non costa nulla, c’è da pensare che anche essere cattivi sia sottoposto alla stessa regola. È davvero reale tutto l’odio che c’è in rete — o ha piuttosto solo la consistenz­a dello stesso «like» che serve per aderire alla campagna per salvare i delfini?

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