Gioco e condizione Verso Copenaghen con ottimismo
Gioco, Papu, condizione e avversari: i motivi per sperare nel ritorno di Copenaghen
Nel calcio, come nella vita, a volte è questione di prospettive. Il bicchiere può essere mezzo pieno o mezzo vuoto a seconda di come lo si guardi e di come ci si senta in quell’istante specifico. Essere soddisfatti o delusi per la partita dell’Atalanta di due sere fa contro il Copenaghen? Sicuramente la squadra ha giocato una gara di alto livello. Sia dal punto di vista tecnico che fisico, nonostante i trenta gradi e l’umidità di Reggio Emilia. E nonostante un campo in condizioni precarie. Ha schiacciato gli avversari nella propria metà campo, senza dar loro mai tregua. Ci sono state almeno sette occasioni da gol nitide che non si sono concretizzate per la bravura del portiere danese o per sbavature nelle conclusioni dei bergamaschi. Il concetto è: se si rigiocasse, sicuramente l’Atalanta un paio di reti le segnerebbe. Già, ma nella realtà questo non è avvenuto. E qui potrebbe subentrare la malinconia. Perché la squadra spesso non ha capitalizzato gli investimenti sotto porta. Ed è una costante nelle ultime stagioni (al netto di casi clamorose, l’ultimo l’8-0 al Sarajevo).
Le sensazioni che contano, però, in questo caso, sono di chi traghetta la squadra. Gian Piero Gasperini ha dichiarato di essere soddisfatto della prestazione, poco dispiaciuto di non aver segnato, nonostante la mole di occasioni che hanno costruito i suoi ragazzi. Sotto sotto è ottimista in vista del ritorno. E su questo è difficile dargli torto. In primis per lo stesso motivo che ha portato alla metafora del bicchiere qualche riga fa. Semplicemente perché se non si crea, non si tira, non si arriva davanti alla porta, difficilmente si può segnare. Concetto banale, ma fondamentale. Si potrebbe obiettare che tra cinque giorni in Danimarca il fattore campo potrebbe pesare. Ni. Perché l’Atalanta ha dimostrato, nella gestione Gasp, di non essere particolarmente influenzata dalla geografia. Piccolo esempio della scorsa stagione: sui 60 punti in classifica, 33 li ha conquistati in casa, 27 in trasferta.
Poi c’è il valore aggiunto fornito da Gomez. Il capitano, dopo un’annata tra alti e bassi, condizionata da un infortunio al piede, è ritornato ai suoi livelli, che potrebbero ricondurlo sulla strada della Nazionale. Il Papu sta bene. Mentalmente e fisicamente. Quando punta l’avversario, otto volte su dieci scappa via. Sa rendersi pericoloso con assist e i tiri in porta. Scatta e torna a centrocampo a prendersi il pallone quando la manovra si intorbidisce.
Capitolo avversari. Il Copenaghen era lo spauracchio di questo inizio stagione. Vuoi per l’importanza della doppia sfida, vuoi per il campionato più competitivo rispetto alla Premijer Liga bosniaca e alla Ligat ha’Al israeliana, vuoi perché aveva sulle spalle già 12 match tra Europa e Superliga. Presupposti che mettevano sull’attenti i tifosi nerazzurri i quali, al contrario, hanno constatato al Mapei Stadium la pochezza dell’undici di Solbakken. Non riuscire, in pratica, a tirare in porta è quasi un record. Idem, non imbastire lo straccio di un’azione pericolosa. Certo, il merito di essere rimasti rinchiusi nel bunker è stato anche dell’Atalanta, ma la sensazione è che abbiano messo anche parecchio del loro. E l’altra sensazione è che i «leoni», come vengono chiamati in patria, anche in Danimarca potrebbero sembrare cuccioli bagnati. Al contrario, servirebbe la bacchetta magica. E Solbakken, per quanto dimostrato tatticamente, non sembra averla nemmeno nell’ultimo dei cassetti di casa.