Ardesio, i fan del nevaio ricomparso
Il Las del Monte Secco è monitorato dai meteorologi. Nel 2017 s’è sciolto, oggi resiste
Tutto è eterno finché dura. Lo insegna anche la meteorologia: nel 1993 è iniziato un ciclo di scomparse per il nevaio del Las, in Valle Seriana, che con i suoi 1.100 metri (circa) d’altitudine è uno dei «perenni» a più bassa quota, in Italia e in Europa. L’anno scorso s’era sciolto, quest’estate ha resistito, anche se malconcio. In passato i valligiani vendevano il suo ghiaccio o lo usavano per preparare granite e sorbetti.
Inerpicarsi fino al candore dei ghiacciai sempiterni esige ore di fatica in cordata. Un loro parente, in Valle Seriana, ha offerto per decenni la magia della neve, anche nel cuore dell’estate più torrida, dopo l’ultima svolta di un sentiero. Ufficialmente è un nevaio, anche se qualche cultore ha cercato di elevarlo al rango dei suoi simili da epopea alpinistica. Di certo, non è «perenne». Non più almeno. Perché a far traballare il titolo, guadagnato in epoche d’onorato servizio, si sono messi i cambiamenti climatici. E sotto la parete settentrionale del Monte Secco (la cima è a 2.267 metri sul livello del mare) il nevaio del Las ha iniziato a scomparire, sciogliendosi. La scorsa estate s’è consumato completamente: la valletta, orfana del suo guardiano, appariva come una pietraia desolata. Quest’anno, il «Giàs del Secco» (così nella toponomastica rispettosa del dialetto) è sopravvissuto, anche se a fatica.
Quell’altitudine, fra i 1.100 e i 1.200 metri, vale un fregio — si tratta di uno degli accumuli più bassi in Italia e nel continente — ma scrive anche una condanna: (r)esistere è una battaglia. Fissano le scadenze gli scossoni sulla colonnina di mercurio, non solo estivi, e la mole delle precipitazioni. C’è chi data al 1993 la prima dipartita; il 2003 ha aperto un ciclo di estinzioni: 2006, 2007, 2012 e 2017. E da esattamente un decennio, era l’agosto 2008, sul forum online di meteonetwork meteorologi e appassionati monitorano le condizioni della neve. Coprono i mesi estivi i rilievi, soprattutto fotografici. I post si rincorrono da un anno all’altro: a giugno inizia a serpeggiare preoccupazione, ad agosto si tira un sospiro di sollievo. Se va male, giù necrologi e piantine sulla salute dell’ultimo aggiornamento prima del trapasso. Di contorno, siamo pur sempre sul web, una valanga di faccine, sorridenti o in lacrime, pollici versi e punti esclamativi. Un capitolo interessante delle analisi dei suoi custodi adottivi, smaltiti i tecnicismi, sta nelle immagini del nevaio: una galleria particolareggiata ne documenta la ritirata inesorabile.
Oggi l’effetto serra si riserva il saccheggio che i valligiani compivano in passato per rivendere il ghiaccio agli alberghi o prepararsi granite a chilometro zero. Bastava qualche bottiglietta di sciroppo per confezionare prodotti da gelateria, alle pendici di quel frigorifero naturale in alta Valle Seriana. Oggi la neve, precipitata anche dalle corna del monte, è troppo sporca per i sorbetti. Almeno sulla superficie, sconnessa e madida, in lotta per non scomparire. Quest’anno la sfida è vinta e l’effetto freezer preservato. Chi si avventura fin lì, viene ancora investito dalla frescura.