Gli ingaggi restano a 27 milioni Una rarità in Serie A
Gli ingaggi restano a 27 milioni Il rapporto con i punti dell’anno scorso conferma il buon esempio atalantino Ma sullo sfondo c’è il lamento del Gasp
Anno nuovo, stipendi vecchi. Nel mondo del calcio che va sempre così veloce, soprattutto verso l’alto — con fatturati parecchio in salita rispetto a qualche stagione fa — l’Atalanta continua a versare sempre gli stessi emolumenti ai propri tesserati. Ventisette milioni di euro, racconta l’annuale inchiesta della Gazzetta dello Sport, compreso Gasperini, con il terzo ingaggio più alto del club, 1,4 milioni.
Alejandro Gomez invece è il re con 1,6 — che però non comprendono i bonus con cui si sfiorano i 2 milioni — la cifra storicamente più alta pagata dall’Atalanta a un proprio tesserato. Prima del Papu era un altro argentino, German Denis, ad avere avuto lo scettro, 1,2 milioni. Al secondo posto c’è invece Duvan Zapata, l’acquisto più costoso dell’era Percassi (più in generale della storia atalantina) con dodici milioni per il prestito biennale, più quattordici per un eventuale riscatto. Non c’è l’obbligo, così da poter valutare con calma l’impatto del colombiano. I nuovi non sono finiti qui, perché la medaglia di bronzo va a Mario Pasalic, croato arrivato in estate dal Chelsea in prestito con diritto (1 più 15 prima del 30 giugno), che si ferma a quota un milione, lo stesso che viene garantito a Josip Ilicic, preso un anno fa dalla Fiorentina.
La top 5 si conclude, invece, con un’eccezione. Perché c’è Rafael Toloi, difensore brasiliano che già da qualche tempo è entrato nel mirino delle big, soprattutto straniere. La sua situazione è atipica perché nessun difensore, nel Percassi-bis, era andato sopra i 500 mila euro di ingaggio annuale. Una sorta di argine oltre il quale non c’era intenzione di investire per uno stopper. Invece Toloi è arrivato a 800 mila (come Rigoni), guardando dall’alto verso il basso i suoi compagni di reparto Masiello (500 mila, dopo anni al minimo sindacale per l’affaire scommesse) e Palomino, 450. Profumatamente pagato Berisha, a 700 mila euro, in compagnia di Marten de Roon.
Di primo acchito sembrerebbero cifre al ribasso, o comunque non comprendenti dei fisiologici bonus che, al momento del conteggio, non vengono presi in considerazione. In ogni caso l’Atalanta si conferma ampiamente l’esempio virtuoso di questa Serie A: nessuno con un monte ingaggi così basso è riuscito ad andare nemmeno lontanamente vicino a quanto fatto dalla banda Gasp. La Fiorentina, pur in linea perfetta con le proprie ambizioni, ne spende 10 in più. Il Torino arriva addirittura a 53 — dodici mesi fa era a 51 — la Sampdoria è a quota 30. Sarà anche per questo motivo che il tecnico nerazzurro si lamentava del cal- ciomercato, nonostante alcuni ottimi acquisti? Difficile non crederlo perché, stando alle cifre, i rapporti di forza con le altre sembrano evidenti. E il Milan, che spende 140 milioni di euro (117 per il 2017-18) sarebbe sempre più lontano rispetto all’Atalanta, aumentando ulteriormente una forbice già abbastanza ampia. Difficile pensare a un’inversione di rotta nei prossimi anni, almeno fino alla conclusione dello stadio che porterà degli introiti maggiori. In più niente coppa europea che, comunque,
avrebbe portato un 7-8 milioni di bonus che ora non arriveranno più.
Da notare inoltre che la rosa, eccezion fatta per Berat Djimsiti, ha contratti lunghi — scadenza 2020 in poi — addirittura lunghissimi per chi ha un ruolo chiave nell’undici di Gasperini.
E i meno pagati? Uno è fisiologico, perché Francesco Rossi, terzo portiere dietro Gollini e Berisha, potrebbe essere contento dei suoi 100 mila euro annui. Chi, invece, non lo dovrebbe essere è Davide Bettella, arrivato in estate dall’Inter per la bella cifra di 7 milioni di euro. Stesso ingaggio di Rossi, ha qualche anno in meno e zero presenze nel calcio professionistico. Per lui ci sarà tempo per migliorare, non solo dal punto di vista prettamente tecnico.
Le prospettive Difficile pensare a un’inversione di rotta, soprattutto se non si tornerà in Europa