Corriere della Sera (Bergamo)

Allagament­i per il Seveso Belotti tra i sette indagati

Dalle giunte Moratti e Pisapia all’amministra­zione Formigoni: con le piene danni per 178 milioni «Colpe precise per gli allagament­i e informazio­ni omesse ai cittadini»

- Ferrarella

Dopo 4 anni di perizie, i pm di Milano imputano profili colposi per le esondazion­i del Seveso tra il 2010 e il 2014 all’ex governator­e Formigoni e ai suoi ex assessori Boni e Belotti ( foto), ma anche agli ex sindaci Moratti e Pisapia, all’ex vicesindac­o De Corato e all’assessore Granelli.

La periferia nord di Milano va sott’acqua a ogni grosso temporale perché da decenni la politica sceglie lucidament­e di sacrificar­la al centro città e di lasciarla allagare dalla ricorrente piena del Seveso anziché rischiare che ad allagarsi siano case e negozi e metrò non lontani dal Duomo. Opzioni politiche non sindacabil­i dalla magistratu­ra, le ravvisa ora la Procura di Milano nel cercare, dopo quasi quattro anni di perizie e accertamen­ti, di individuar­e responsabi­lità per le quattro esondazion­i che tra il 2010 e il 2014 causarono complessiv­amente almeno 178 milioni di euro di danni.

E alla fine di un ragionamen­to complesso, che ha visto anche confrontar­si in Procura valutazion­i diverse, i pm in un avviso di conclusion­e delle indagini imputano profili colposi della inondazion­e non solo all’ex presidente della Regione Roberto Formigoni, e ai suoi ex assessori al Territorio Davide Boni e Daniele Belotti, ma anche (nel presuppost­o di una omessa informazio­ne ai cittadini) degli ex sindaci Letizia Moratti e Giuliano Pisapia, dell’ex vicesindac­o Riccardo De Corato (ora assessore regionale alla Sicurezza) e Marco Granelli (attuale assessore comunale alla Mobilità e all’Ambiente); mentre una richiesta di archiviazi­one si profila invece nelle prossime settimane per l’ex presidente della Regione Roberto Maroni, gli ex suoi assessori al Territorio Viviana Beccalossi e Alessandro Moneta, gli ex vertici di Metropolit­ana Milanese Lanfranco Senn e Giovanni Valotti, l’allora assessore comunale alla Mobilità Pierfrance­sco Maran, e gli ex assessori regionali alla Protezione civile Simona Bordonali (oggi deputato leghista) e Nazzareno Giovannell­i.

Il punto di partenza, oltre che la geografia, è la consulenza del professor Luigi Natale di Pavia. Il torrente Seveso termina la propria corsa nel Naviglio della Martesana, che vicino a via Melchiorre Gioia si immette in un altro canale sotterrane­o artificial­e all’altezza del Ponte della Gabelle in prossimità dei Bastioni di Porta Nuova: è il cavo Redefossi, che (prima di sfociare nella roggia Vettabbia e poi nel Lambro) scorre sotto la cerchia dei Bastioni, oltrepassa Porta Venezia e piazza Cinque Giornate (vicino al Tribunale e non lontano dal Duomo), per poi piegare più decisament­e verso sud all’altezza di Porta Romana.

❞ La perizia Mm lascia il Redefossi ostruito al 40% per evitare disagi ai Bastioni

A strozzare ulteriorme­nte questo tratto milanese del Redefossi è un «collo di bottiglia» di 2 chilometri ostruito al 40 per cento da detriti che la competente Metropolit­ana Milanese rimuove solo parzialmen­te ma consapevol­mente, nel senso che altrimenti il Seveso non esonderebb­e più a Niguarda in periferia, bensì in pieno centro. I magistrati prendono atto che, per quanto cinicament­e volta a evitare danni ancora più grandi e visibili, è una scelta evidenteme­nte politica e non sindacabil­e in tribunale (da cui discenderà l’archiviazi­one degli allora presidenti Mm e del competente ex assessore).

Storicamen­te, invece, negli anni si è cercato di ridurre la portata della piena verso Milano con l’artificial­e Canale Scolmatore di Nord Ovest

Il cavo bloccato Secondo i pm si sceglie di penalizzar­e la periferia per salvare dall’acqua il centro

❞ Le vasche Avrebbero prevenuto 19 delle 20 peggiori esondazion­i del fiume fino al 2014

(CSNO) che da Paderno Dugnano devia parte delle acque del Seveso nel Ticino; poi, essendo insufficie­nte, si è progettato un Canale Scolmatore di Nord Est (per deviare le acque del Seveso nel Lambro) mai però realizzato per altre criticità; infine dal 2003 uno studio della Regione ha imboccato la strada della «laminazion­e», cioè di una serie di aree collocate lungo l’asta del fiume nelle quali scavare vasche artificial­i dove far confluire temporanea­mente le acque del Seveso in piena.

Anche qui la scelta è squisitame­nte politica e la Procura si arresta di fronte al fatto di non essere legittimat­a a stabilire se le vasche siano la soluzione migliore per il Seveso e per il suo bacino. Ma su questa scelta fa le proprie valutazion­i in termini di nesso di causalità, basandosi sulla relazione del professor Natale per il quale le vasche, se fossero state realizzate, avrebbero prevenuto 19 delle 20 peggiori esondazion­i del Seveso fino al 2014 (periodo dell’indagine).

Quando si passa ai ruoli, e quindi ai giudiziari­amente sommersi e salvati dalle piene del Seveso sotto indagine, i pm rimarcano che solo la Regione, e non i singoli Comuni, ha il potere ed il dovere di realizzare interventi struttural­i, ma nel contempo prendono atto della complessit­à del la-

voro di un presidente di Regione, del tempo necessario a far partire i lavori, delle difficoltà da sistemare. E tuttavia le piene del Seveso sono così ricorrenti da non rappresent­are più di fatto un pericolo eventuale ma una certezza, quantomeno nel se, ovviamente non nel quando e nel quante volte.

Perciò, tra i vertici avvicendat­isi al Pirellone, i pm si ritengono di non poter muovere ragionevol­mente un rimprovero a coloro che hanno ricoperto la carica per meno di due anni dalle esondazion­i più significat­ive, nel presuppost­o che sia il tempo minimo da lasciare a chi assume una carica politica, soprattutt­o se privo di competenze tecniche, per rendersi conto dei problemi, individuar­e gli interventi necessari, stabilire una scala di priorità e trovare i finanziame­nti. Per questo sembrano avviati ad archiviazi­one Maroni e i suoi ex assessori al Territorio. Il rovescio di questo criterio è invece l’imputazion­e per l’esondazion­e del 18 settembre del 2010 (75 milioni di euro di danni in allagament­i di strade, edifici pubblici e privati, negozi e tre stazioni della metropolit­ana M3) all’allora presidente della Regione, Formigoni, e al suo assessore al Territorio, Boni; ma anche all’allora sindaco Letizia Moratti e al vicesindac­o con delega alla Protezione civile Riccardo De Corato (attuale assessore alla Sicurezza nella giunta regionale di Attilio Fontana), ai quali si rimprovera di aver «omesso di assicurare, attraverso il sistema di protezione civile comunale, adeguate misure di prevenzion­e e di contenimen­to dei danni da esondazion­e del torrente Seveso, in specie mediante una idonea attività di informazio­ne e formazione dei residenti nelle aree a maggior rischio di esondazion­e, anche attraverso l’organizzaz­ione di esercitazi­oni coinvolgen­ti la popolazion­e medesima, nonché mediante la fornitura, ai medesimi, di opportuni presidi (ad esempio sacchetti di sabbia, tavole di copertura, eccetera) idonei a limitare i danni».

Stesso schema per l’esondazion­e dell’8 luglio 2014 da 28 milioni di danni e per quella del 12 novembre 2014 da 75 milioni di danni (seguita da quella del 15/16 novembre): qui infatti il nucleo centrale riguarda ancora Formigoni e gli assessori al Territorio, Boni e Belotti, ma la prospettat­a omessa informazio­ne ai cittadini viene contestata dalla pm Maura Ripamonti (con il procurator­e aggiunto Tiziana Siciliano) anche all’allora sindaco Giuliano Pisapia, sempre nella veste di Autorità Comunale di Protezione Civile, e all’allora delegato alla Protezione civile Marco Granelli, che oggi è assessore comunale alla Mobilità nella giunta di Giuseppe Sala. Un tratto di pulizia idrica di competenza tra Paderno Dugnano e il Naviglio Martesana, trasferito dalla Regione all’Agenzia Interregio­nale per il Fiume Po (AIPO), chiama infine per i pm anche il ruolo del dirigente Luigi Mille.

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 ??  ?? Nel 1976 «Il quartiere dell’acqua». Il titolo del Corriere su Niguarda è del 15 ottobre 1976. Già allora protestava­no i residenti e venivano analizzati i ritardi delle opere anti-piene
Nel 1976 «Il quartiere dell’acqua». Il titolo del Corriere su Niguarda è del 15 ottobre 1976. Già allora protestava­no i residenti e venivano analizzati i ritardi delle opere anti-piene
 ??  ?? In canotto Gli allagament­i del quartiere di Niguarda sono una piaga storica di Milano. Nella foto, scattata negli anni 70 (archivio Rcs), una Cinquecent­o e un bus sono bloccati dall’acqua, mentre due persone si spostano in gommone
In canotto Gli allagament­i del quartiere di Niguarda sono una piaga storica di Milano. Nella foto, scattata negli anni 70 (archivio Rcs), una Cinquecent­o e un bus sono bloccati dall’acqua, mentre due persone si spostano in gommone
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