«Così porto Genova sul ponte rinato»
Stefano Giavazzi, architetto di 48 anni di Bergamo, ha elaborato un progetto per ricostruire il ponte Morandi di Genova. La sua proposta prevede una struttura da abitare e da vivere con negozi, poli tecnologici, case e belvedere pedonale.
Strano che sia stata proprio un’opera di Renzo Piano a fargli venire l’idea. Quando davanti al disastro la sua mente s’è messa in movimento, ha pensato al Beaubourg di Parigi. Poi al Ponte Vecchio di Firenze. All’High Line di New York. Anche al Rialto di Venezia. Stefano Giavazzi, oggi, sarà a Genova. Viaggio in auto e sopralluogo in bicicletta tra quel che resta del viadotto crollato la vigilia di Ferragosto. Quarantotto anni, di Redona, è architetto con studio associato in via Paleocapa con l’ingegnere Maurizio Filetti. Tre giorni fa ha pubblicato su Youtube un video per lanciare il suo progetto, che non è solo un progetto. «Partendo da Genova, vorrei fare polvere, smuovere le acque, instaurare un dibatto sul rapporto tra infrastrutture, città, territorio e l’abitare consapevole». Mettere in discussione, con la stima «che non si può non avere per il suo lavoro», persino un archistar come Piano.
Il ponte che ha preso forma negli schizzi di Giavazzi, anche qui, non è solo un ponte. È una città orizzontale che si sviluppa sopra e sotto l’autostrada. «Le strade concepite per il mero trasporto — premette — sono ormai cosa vecchia. La nuova infrastruttura non si sostituisce banalmente alla precedente, ma la rilancia, definendosi come uno spazio integrato per essere abitato, vissuto, percorso, per produrre energia senza gli spazi indefiniti tipici del sottoponte». L’architetto immagina, per esempio, 10 mila metri quadrati di pannelli solari, capaci di produrre energia per seimila famiglie. E 65 mila metri quadrati di superficie lorda per piano, «superficie potenziale per il commerciale, per il tempo libero, per poli di sviluppo tecnologico. Mi viene in mente il Kilometro Rosso. E poi una sede stradale a sei corsie con corsia di emergenza, una nuova via pedonale panoramica, da dove è possibile vedere anche il mare. Insomma, un nuovo pezzo di città orizzontale».
Il tutto senza demolire nulla, «il che consentirebbe un risparmio sui costi» e senza occupare nuovo spazio. «Il nuovo ponte — precisa Giavazzi — si costruisce attraverso un modulo reticolare prefabbricato in acciaio, un cubo preassemblato, a struttura a traliccio in corten, che ingabbia la struttura esistente, con un’integrazione con le case esistenti». L’architetto immagina la sua proposta in fasi. «Nella prima, la struttura che ingabbia il tutto mette in sicurezza e consente il veloce ripristino dell’impalcato». Per Giavazzi «dovrebbe essere realizzato da un ente unico». Nella seconda fase, «con concorsi pubblici di progettazione» si realizzano gli elementi che si inseriscono nella griglia, «ambienti nuovi, finanziati anche da privati» in cui si sviluppano servizi, ricerca, aree ludiche. «È tutto da pensare», dice Giavazzi. Possono essere appartamenti, negozi, palestre, magari anche la stazione del treno, vista la vicinanza con la ferrovia. «La terza fase è quella dell’abitare il ponte con la vita dei cittadini. Si può pensare anche alla cultura e allo sport, all’arrampicata, per esempio».
Non a caso. Giavazzi, scalatore e scialpinista, è anche volontario del Soccorso alpino. A Rigopiano ha guidato i soccorritori nell’albergo sventrato dalla valanga con piantine messe in scala attraverso i quadretti dei quaderni: «Non c’era un righello», sorride. A Genova, conclude, «bastano la voglia e il coraggio di accogliere un pensiero divergente o forse talmente semplice e adeguato da sfuggirci».
❞ Le strade concepite per il mero trasporto sono ormai cosa vecchia, servono spazi da vivere Stefano Giavazzi architetto