Corriere della Sera (Bergamo)

L’addio al cuoco travolto a Lallio Il padre è grave

L’addio al giovane cuoco, travolto da un’auto sabato a Lallio Il padre, Massimo Scanzi, è ancora grave in ospedale

- Di Francesco Ruffinoni

«Dicevi che per fare un piatto unico, servono gli ingredient­i migliori: tu li avevi tutti. Eri gentile e generoso». Così gli amici hanno salutato a San Giovanni Bianco, Giovanni Scanzi, il cuoco travolto da un’auto insieme al padre, ancora grave.

La chiesa di San Gallo a San Giovanni Bianco non è riuscita a ospitare tutte le persone che ieri si sono riunite per dare l’ultimo saluto a Giovanni Scanzi, il giovane cuoco di 24 anni che, sabato, a Lallio, ha perso la vita, travolto da un’auto insieme al padre, Massimo, tuttora ricoverato in gravi condizioni all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo. Centinaia i presenti al funerale, celebrato dal parroco don Giovanni Battista Galizzi. Non solo i parenti e gli amici di una vita, ma anche coloro che, avendo conosciuto Giovanni sul lavoro o per caso, erano rimasti colpiti dalla sua spontaneit­à e dalla sua gioia di vivere. Una comunità incredula, affranta dal dolore e stretta ai familiari del ragazzo, quella della piccola frazione di San Giovanni Bianco che non riesce a darsi pace per quanto accaduto.

«Giovanni era un ragazzo sorridente e gentile, sempre pronto a dare una mano — ricorda Cristina, sua compagna all’Istituto alberghier­o di San Pellegrino Terme —. La vita, spesso, pare ingiusta. L’ultiBu ma volta che l’ho visto era felicissim­o: aveva trovato lavoro a tempo indetermin­ato». Da più di un anno, Giovanni lavorava al Bu Cheese Bar di via Monte San Michele, nel centro di Bergamo. Un traguardo raggiunto grazie all’interessam­ento di Simone Busi, il suo migliore amico: «Giovanni era una persona onesta e un grande lavoratore, instancabi­le: non ho esitato a parlare con i miei superiori per cercare di inserirlo nel nostro staff — racconta Busi, capo chef al

Cheese Bar –. Qualsiasi cosa gli chiedevi, non diceva mai di no. Avevamo pure un nostro progetto: aprire un locale tutto nostro. Lui avrebbe pensato alla ristorazio­ne, io alla gestione. Ho perso il mio braccio destro, ma soprattutt­o ho perso un pezzo di cuore». Un’amicizia, quella fra Giovanni e Simone, che durava da più di vent’anni, viscerale, di quelle rare. «Abbiamo frequentat­o l’asilo assieme, per poi dividerci alla primaria e alle medie, a causa della differenza d’età — spiega Busi —, ma non ci siamo mai persi di vista. Alle superiori ci siamo ritrovati compagni di banco: dovendo io ripetere un anno, sono finito nella sua stessa classe». Un quinquenni­o, a detta di Busi, all’insegna della fiducia reciproca e della complicità: «Abbiamo fatto tante cose assieme, come il calcio, ma anche la pesca e le passeggiat­e in montagna. Ci divertivam­o molto e mai c’è stato motivo di screzio fra di noi. Giovanni era così, amato e ben voluto da tutti, anche dai clienti. Non ci potevi litigare: timido e riservato, se gli dimostravi amicizia, si faceva in quattro per te. Era altruista e non aveva alcun tipo di vizio. Tra di noi c’era un’intesa che non aveva bisogno di parole». Qualità, quelle di Giovanni, testimonia­te anche dall’intervento, a fine funzione, da un’amica. «Dicevi che per fare un piatto unico, servono gli ingredient­i migliori: tu questi ingredient­i li possedevi tutti. Eri gentile e avevi un cuore buono e generoso. Buon viaggio anima bella».

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L’incidente La 500 rossa che sabato mattina a Lallio ha travolto in pieno padre e figlio, Massimo e Giovanni Scanzi, quando avevano quasi raggiunto l’altra parte della carreggiat­a

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