L’addio al cuoco travolto a Lallio Il padre è grave
L’addio al giovane cuoco, travolto da un’auto sabato a Lallio Il padre, Massimo Scanzi, è ancora grave in ospedale
«Dicevi che per fare un piatto unico, servono gli ingredienti migliori: tu li avevi tutti. Eri gentile e generoso». Così gli amici hanno salutato a San Giovanni Bianco, Giovanni Scanzi, il cuoco travolto da un’auto insieme al padre, ancora grave.
La chiesa di San Gallo a San Giovanni Bianco non è riuscita a ospitare tutte le persone che ieri si sono riunite per dare l’ultimo saluto a Giovanni Scanzi, il giovane cuoco di 24 anni che, sabato, a Lallio, ha perso la vita, travolto da un’auto insieme al padre, Massimo, tuttora ricoverato in gravi condizioni all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo. Centinaia i presenti al funerale, celebrato dal parroco don Giovanni Battista Galizzi. Non solo i parenti e gli amici di una vita, ma anche coloro che, avendo conosciuto Giovanni sul lavoro o per caso, erano rimasti colpiti dalla sua spontaneità e dalla sua gioia di vivere. Una comunità incredula, affranta dal dolore e stretta ai familiari del ragazzo, quella della piccola frazione di San Giovanni Bianco che non riesce a darsi pace per quanto accaduto.
«Giovanni era un ragazzo sorridente e gentile, sempre pronto a dare una mano — ricorda Cristina, sua compagna all’Istituto alberghiero di San Pellegrino Terme —. La vita, spesso, pare ingiusta. L’ultiBu ma volta che l’ho visto era felicissimo: aveva trovato lavoro a tempo indeterminato». Da più di un anno, Giovanni lavorava al Bu Cheese Bar di via Monte San Michele, nel centro di Bergamo. Un traguardo raggiunto grazie all’interessamento di Simone Busi, il suo migliore amico: «Giovanni era una persona onesta e un grande lavoratore, instancabile: non ho esitato a parlare con i miei superiori per cercare di inserirlo nel nostro staff — racconta Busi, capo chef al
Cheese Bar –. Qualsiasi cosa gli chiedevi, non diceva mai di no. Avevamo pure un nostro progetto: aprire un locale tutto nostro. Lui avrebbe pensato alla ristorazione, io alla gestione. Ho perso il mio braccio destro, ma soprattutto ho perso un pezzo di cuore». Un’amicizia, quella fra Giovanni e Simone, che durava da più di vent’anni, viscerale, di quelle rare. «Abbiamo frequentato l’asilo assieme, per poi dividerci alla primaria e alle medie, a causa della differenza d’età — spiega Busi —, ma non ci siamo mai persi di vista. Alle superiori ci siamo ritrovati compagni di banco: dovendo io ripetere un anno, sono finito nella sua stessa classe». Un quinquennio, a detta di Busi, all’insegna della fiducia reciproca e della complicità: «Abbiamo fatto tante cose assieme, come il calcio, ma anche la pesca e le passeggiate in montagna. Ci divertivamo molto e mai c’è stato motivo di screzio fra di noi. Giovanni era così, amato e ben voluto da tutti, anche dai clienti. Non ci potevi litigare: timido e riservato, se gli dimostravi amicizia, si faceva in quattro per te. Era altruista e non aveva alcun tipo di vizio. Tra di noi c’era un’intesa che non aveva bisogno di parole». Qualità, quelle di Giovanni, testimoniate anche dall’intervento, a fine funzione, da un’amica. «Dicevi che per fare un piatto unico, servono gli ingredienti migliori: tu questi ingredienti li possedevi tutti. Eri gentile e avevi un cuore buono e generoso. Buon viaggio anima bella».