Tutta un’altra musica
Dal Mali all’Alabama le sperimentazioni sonore del Kronos Quartet
Non sarà la solita musica. Quella che stasera eseguiranno al Piccolo Teatro Grassi i quattro strumentisti del Kronos Quartet. Nel programma ideato per MiTo dal celebre quartetto di San Francisco, caposaldo di una contemporanea aperta a ogni sperimentazione, esploratore di viaggi sonori senza frontiere, compaiono infatti autori quali Islam Chipsy, Fodé Lassana Diabaté, i Konono, Omar Souleyman. «Siamo fieri di far conoscere in Occidente musiche di giovani compositori provenienti dall’Egitto e dal Mali, dalla Repubblica del Congo e dalla Siria», assicura David Harrington, primo violino e fondatore nel 1973 del Kronos.
Brani di culture diverse da voi abbinati ad altre voci di spicco del panorama di oggi, dalla «colta» al rock al pop...
«Ci sarà una composizione per violino su elaborazione elettronica di Laurie Anderson e una nuova versione di “Strange Fruit” scritta da Terry Riley associando al quartetto d’archi suoni generati dai ricevitori con cui si misurano le interazioni tra particelle di onda nel plasma spaziale. Ci saranno le “voci” multiple di Steve Reich ma anche Janis Joplin e gli Who. E eseguire “Alabama” di Coltrane, scritta in seguito all’attacco del KKK nella chiesa di BirminghamAlabama dove morirono tre bambine, credo sia la più bella risposta in musica a un atto di terrorismo e violenza. Insomma, ho la sensazione che oggi “dobbiamo” suonare proprio questo genere di musica “ibrida”. È la cultura americana che ce lo chiede».
Può spiegarci meglio cosa intende?
«Il mondo della musica og- gi è incredibilmente vasto, ci sono così tante cose da scoprire, e ci vorrebbero più vite per farlo. Ci sono cose che, come gruppo musicale americano “dobbiamo” fare. In parti- colare, vogliamo focalizzare l’attenzione sui compositori più giovani, dotati di backgrounds molto diversi. Voglio che il Kronos esplori il pieno potenziale, in termini cultura- li, musicali, religiosi, sociali che gli USA esprimono. Per offrire a noi stessi e al nostro pubblico la più ampia consapevolezza di quanto davvero la nostra società offra».
Una prospettiva di scoperta e ricerca che vi guida fin dall’inizio. Quanto pensate di aver influenzato l’ascolto?
«Sono convito che il pubblico ci abbia accompagnato lungo questo processo evolutivo con molta naturalezza. Abbiamo seguito la nostra strada senza badare a chi ci avrebbe voluti “diversi”, più allineati... Perché quel che conta è ascoltare il proprio suono interiore. E con questo suono che devi allinearti, non con le proposte economiche, non con la possibilità di suonare in posti importanti. Devi essere flessibile, curioso, particolare, impegnato, e coerente con la tua voce interiore».