Architettura nel segno dell’amicizia
IL LIBRO DI MARCO ADRIANO PERLETTI
«La loro è un’amicizia estrema nel bisogno di bellezza. Una forma di architettura umana. Una vera amicizia». Così Riccardo Blumer descrive il sodalizio umano e culturale tra Mario Botta, Aurelio Galfetti, Luigi Snozzi e Livio Vacchini. Nati nel Canton Ticino tra gli anni Trenta e Quaranta, i quattro architetti hanno sviluppato un rapporto personale e lavorativo, ora raccontato dall’architetto bergamasco Marco Adriano Perletti in «Architettura come amicizia», pubblicato da Scholé.
La prima parte del libro si sviluppa sotto forma di conversazioni attorno a cinque temi. Le esperienze iniziali, le creazioni ticinesi, il senso e lo stile dell’architettura, l’insegnamento e la didattica, le nuove sfide dei giovani.
Nel caso di Vacchini, scomparso nel 2007, la conversazione è in realtà un collage di testi inediti, donati dalla figlia Eloisa. Le chiacchierate, dal tono informale, si concentrano più sul rapporto tra i quattro che sulle loro opere.
Che pure sono celebri. Mario Botta è stato tra i fondatori dell’Accademia di Architettura di Mendrisio, ha realizzato la Galleria d’arte Watari-um di Tokyo, la Banca di Stato di Friburgo e, per arrivare qui a Bergamo, la Biblioteca Tiraboschi.
Aurelio Galfetti ha ideato edifici residenziali in diverse città europee e ha insegnato al Politecnico Federale di Losanna, a Parigi e all’Accademia di Mendrisio.
Luigi Snozzi ha progettato la stazione ferroviaria di Zurigo e di recente ha creato il piano di protezione dei Colli Euganei. Livio Vacchini ha realizzato tra l’altro la Scuola di architettura di Nancy e l’ampliamento dell’ospedale cantonale di Basilea.
«Nella loro visione — scrive Perletti nella Nota introduttiva — l’architetto è più mestiere che professione». Il mestiere va fatto «di persona, avendo un controllo diretto di ogni passaggio del cammino che porta dall’ideazione alla costruzione». Il primo lavoro insieme, escluso Vacchini, è il concorso per il Politecnico federale di Losanna nel ‘70. È l’inizio di un’amicizia che dura più di quarant’anni. L’idea di costituire un’Accademia a Mendrisio, città natale di Botta e Snozzi, è nel ‘91. Il progetto si concretizza nel ‘96. Si tratta, come afferma Perletti, di «una missione culturale, prima ancora che didattica». Attualmente si iscrivono studenti da oltre quaranta Paesi nel mondo.
Nella seconda parte del libro si racconta il modo che ognuno ha di intendere l’architettura, rilevando non tanto le differenze quanto i punti in comune, i «presupposti ricorrenti».
Ad esempio, sul rapporto tra natura e architettura, l’opera dell’uomo «non deve assumere un ruolo di sudditanza né di mimesi» rispetto alla natura, «bensì aspirare a essere autonoma, in quanto appartenente al mondo della cultura».