Gori, gli scongiuri e il piano B (del Pd)
Ricandidato? «Mi serve tempo: non deciderò prima della fine di ottobre»
Giorgio Gori è tornato dalle vacanze e si è rimesso a lavorare; viene avvicinato più volte al giorno da persone del Pd o vicine al centrosinistra che gli chiedono di ricandidarsi nel 2019; sorride, abbozza, non conferma e non smentisce. «Davvero, non ho deciso», ripete. «Non deciderò prima della fine di ottobre. Ma non oltre». E sarebbe già un punto di partenza, se il Partito democratico e il centrosinistra bergamasco avessero un piano B.
Quello che si è visto nelle ultime settimane: Giorgio Gori è tornato dalle vacanze e si è rimesso a lavorare, proprio come stava facendo prima delle vacanze; viene avvicinato più volte al giorno da persone del Pd o vicine al centrosinistra che gli chiedono di ricandidarsi nel 2019; sorride, abbozza, non conferma e non smentisce; nel frattempo partecipa a manifestazioni di partito in cui si fa fatica a strappargli il microfono mentre parla del futuro del Pd, precisando di non avere altre ambizioni politiche. Ad oggi, chi sperava che dopo la pausa estiva arrivasse un annuncio di ricandidatura — e, dall’altra parte, anche chi sperava che il sindaco si facesse da parte — è rimasto deluso. «Davvero, non ho deciso», ripete. Con un’unica variazione rispetto ai mesi scorsi: «Non deciderò prima della fine di ottobre. Ma non oltre, perché so che rischierei di mettere in difficoltà la maggioranza».
E sarebbe già un punto di partenza, se il Partito democratico e il centrosinistra bergamasco avessero un piano B. Invece tutti, da chi ha responsabilità di partito a chi oggi ha una carica nelle istituzioni (a partire dagli assessori), sono avvinghiati all’idea che Gori si ricandidi. Lui lo sa, e come potrebbe non saperlo, visto che appunto deve dribblare giorno dopo giorno, ora dopo ora, le invocazioni di ricandidatura. Eppure, nella sostanza, la sua posizione resta quella espressa dal giorno dopo la sconfitta alle Regionali: «La scelta se ricandidarmi o meno
Il piano B Nel partito al momento si resta attaccati all’idea del Gori Bis Poche le alternative
non è legata alle condizioni politiche o alle chance di vittoria — dice Gori —, ma esclusivamente a riflessioni di carattere personale. L’anno prossimo avrò 59 anni e devo capire se sia giusto e possibile posticipare le altre cose che voglio fare nella vita». Ci sta ancora pensando.
E quindi cercare di trarre conclusioni da alcune uscite pubbliche, dice il sindaco, è inutile. Parlando di doppio turno durante un dibattito alla Festa dell’Unità di Milano, Gori dice: «Faccio gli scongiuri, perché a maggio vado al voto con il doppio turno...». E quando si parla di futuro del partito, appunto, chiarisce che «faccio il sindaco e non punto a fare altro». Ma, a sentire lui, è troppo poco: «Come ho già detto, faccio come se mi ricandidassi, in ogni caso. Lavoro, faccio il sindaco». Se alla fine Gori non si ricandidasse, bisognerebbe riconoscergli che si è calato molto bene nella parte.
Per il resto, però, sarebbero guai molto seri nel centrosinistra. Ad oggi, prevale la fiducia in un Gori bis. Nel senso che i dirigenti del Pd ci sperano, ma soprattutto fin qui hanno capito che è quello che accadrà. Al piano B ci hanno pensato già un anno fa, quando si immaginava che il sindaco avesse delle possibilità di vittoria nella corsa per la Regione. E, almeno in quella fase, le ipotesi alternative non sembravano molte: Elena Carnevali, che però è a Roma per il suo secondo mandato alla Camera, e Sergio Gandi, vicesindaco che però si è sempre schermito rispetto a questa ipotesi.
L’impressione, almeno per il momento, è che, in caso di rinuncia alla ricandidatura da parte di Gori, l’unico vero piano B sia quello di implorarlo di ripensarci, fino a convincerlo a rimanere.