Dalla Calabria con furore
Alle Stelline omaggio al Novecento con 35 opere del Museo di Rende Pezzo forte, il «Paesaggio marino con alberi» di Umberto Boccioni
Il lungo palinsesto di eventi che l’assessorato alla Cultura ha voluto dedicare quest’anno al Novecento sta per terminare. Ma proprio la coda autunnale riserverà alcuni degli appuntamenti più attesi, prima fra tutte la grande mostra su Carlo Carrà, dal 4 ottobre a Palazzo Reale, cui seguirà la personale di Mario Merz all’Hangar Bicocca, entrambe precedute, a partire dal 21 settembre, dalla rassegna che il museo del Novecento dedica a Margherita Sarfatti. In questo finale di spolvero si inserisce una piccola ma preziosa rassegna che inaugura domani pomeriggio alla Fondazione Stelline. Preziosa perché porta a Milano 35 opere del Maon, acronimo che designa il remoto Museo dell’arte dell’Otto e Novecento di Rende, in provincia di Cosenza, istituzione nata 21 anni fa dall’entusiasmo di un gruppo di persone illuminate e appassionate dell’arte calabrese nonostante la mancanza di fondi e finanziamenti. A guidarla, dai suoi esordi, c’è Tonino Sicoli che negli anni ha saputo incentivare prestiti in comodato e donazioni provenienti ormai da tutta Italia, compresa Milano. E proprio da una storia di rapporti personali e fiducia, arriva il pezzo forte della mostra: un quadro di Umberto Boccioni dipinto con molta probabilità qui a Milano nel 1908, quando l’arista ha già conosciuto Filippo Tommaso Marinetti, ma non ha ancora scritto assieme a Carrà, Russolo, Balla e Severini il «Manifesto dei pittori futuristi» nel 1910. Un «Paesaggio marino con alberi» eseguito dal pittore nativo di Reggio Calabria con pennellate rapide e filamentose, eredità del Divisionismo, ancora lontano dal radicalismo delle successive indagini sul movimento.
«Quando, per il centenario, ho curato due mostre di Boccioni, sono stato contattato da un collezionista romano che una ventina di anni fa aveva Pennellate Sopra, «Paesaggio marino con alberi» di Umberto Boccioni (1908). Sotto, «E rosso» (1957) di Mimmo Rotella dalla collezione del Maon
comprato in blocco una serie di opere futuriste», racconta Tonino Sicoli. «Mi dice che ha un quadro molto particolare; che l’ha fatto pulire e che è venuta fuori la firma di Boccioni. Quando l’ho visto ho riconosciuto subito molte analogie con i lavori pre futuristi della collezione Chiattone di Lugano e quindi ho subito suggerito di sottoporlo ad esami e poi al giudizio di Maurizio Calvesi e Alberto Dambruoso. Insomma, il quadro è veramente autografo e alla fine, visto che lo avevamo aiutato in questa scoperta, ho chiesto al collezionista se ce lo lasciava in comodato. Così adesso è nel nostro museo da cui esce per la prima volta per tornare in mostra a Milano dopo 110 anni».
La rassegna si sviluppa con
un andamento cronologico che parte appunto dal Boccioni del 1908, passa per un altro futurista calabrese, Antonio Marasco presente con un intreccio dinamico di areoplani del 1936; approda al dopoguerra con un décollage del 1957 di Mimmo Rotella, nativo di Catanzaro, e una curiosa opera di Alik Cavaliere realizzata con una bottiglia di champagne, e infine arriva agli artisti viventi. «Sono tutti autori, anche quelli rimasti in un territorio che fino agli anni Settanta non aveva nemmeno un’Accademia, che sono comunque riusciti a dare un contributo all’arte italiana, alcuni a quella internazionale», spiega Sicoli.