Estorsioni e violenze, sei arresti
Minacce con le pistole, la consegna dei soldi in un bar di Colognola. Trovate armi nelle poltrone di un’azienda
Banda guidata da ex trafficanti di cocaina campani: via auto e denaro agli imprenditori
Sei persone, di cui cinque in carcere e una irreperibile, accusate di associazione a delinquere finalizzata alle estorsioni. Più un complice, con affari poco chiari. E sei imprenditori, che hanno denunciato i fatti troppo tardi, taglieggiati di continuo: costretti a consegnare auto e soldi. Sono le contestazioni di una nuova inchiesta della Guardia di finanza.
Pistole clandestine, mazze da baseball, coltelli e schiaffi. Una volta fissato un obiettivo la banda faceva valere i suoi metodi con spavalderia, per spremere guadagni: gli imprenditori erano costretti a consegnare le loro auto di lusso, Porsche e Mercedes, a portare soldi al bar, oppure a firmare deleghe per l’utilizzo dei loro conti correnti. Uno scenario di taglieggiamenti continui quello contenuto nell’ordinanza di custodia cautelare del gip Massimiliano Magliacani, dopo le richieste del pm Fabio Pelosi e le indagini della Guardia di finanza di Bergamo. Sei persone accusate di associazione a delinquere finalizzata all’estorsione. Quattro in carcere da ieri mattina: Rocco Di Lorenzo, considerato il capo, casertano di Mondragone, 61 anni, casa ad Albano Sant’Alessandro e condanne definitive per traffico di stupefacenti, anche per cocaina portata in Lombardia nascosta nei camion carichi di latticini campani; Giovanni Cerrone, napoletano di 46 anni, di Pedrengo; Gazmend Prenga, detto Gaz, albanese di 39 anni che vive a Urgnano; il siciliano Marcello Sipione, di 46 anni, Stezzano. Era già detenuto dal 10 novembre del 2016, invece, Giovanni Luordo, di Battipaglia, anche per lui un lungo curriculum, che include 18 chili di cocaina nascosti nel sottofondo di un camion nel 2010, con relativa condanna. Irreperibile, ma deve andare in carcere, Ndou Gentian, detto «Andrea», albanese di 32 anni: risulta espulso dall’Italia nel 2017.
In cella, senza l’accusa di associazione, c’è un altro campano: Roberto Ianniello. Di Napoli, già indagato nel 1998 per associazione mafiosa, è considerato il dominus della Integra srl di Verdello, che fornisce manodopera: è l’azienda in cui la Finanza trova due pistole con matricola abrasa, una con silenziatore, l’altra accompagnata da 77 cartucce, nascoste nell’imbottitura di due poltrone. Pochi giorni prima il gps, e una cimice, individuano Ianniello sulla sua auto fuori dalla stazione Centrale di Milano: sul sedile posteriore ci sono due passeggeri, uno tenta di sparare all’altro, ma la pistola si inceppa. Un omicidio mancato che gli investigatori ascoltano in diretta: le indagini della Dda milanese sono ancora in corso.
Un gruppo arrembante, insomma, che viene controllato dal 2016, quando Di Lorenzo frequenta il bar di una stazione di servizio di Colognola. Incontra albanesi e marocchini, parla dello spaccio su strada. Poi avvia un’altra «attività», collaterale, coinvolge Sipione e Luordo, e si organizza con Giovanni Cerrone: secondo la Finanza è l’amministratore di fatto della International Security di Gorle, per investigazioni e recupero crediti. Ma l’attività vera è distinta da quella ufficiale. La banda punta a colpire imprenditori che hanno qualche guaio, tendenzialmente persone che Di Lorenzo conosce, poco avvezze a far denuncia. Ferdinando Bonavoglia, titolare di una società di trasporti e anche di somministrazione di lavoro in via Piave, a Treviolo, si presenta alla Finanza il 3 novembre 2016, do-
Le indagini Un tentato omicidio a Milano in diretta audio, tramite le cimici, per gli investigatori
po che la banda gli ha già sottratto oltre 20 mila euro. Tutti consegnati in un bar di Colognola. Quel giorno, 3 novembre, Di Lorenzo gli strappa di dosso una collana di diamanti, le minacce salgono di livello.E lui, ferito al collo, va dagli investigatori. Sette giorni dopo, in quello stesso bar, Luordo viene arrestato mentre riceve 5 mila euro e poi condannato per quel singolo episodio.
Ci mette qualche mese anche il cugino di Ferdinando, Roberto Bonavoglia, allevatore, costretto dal gruppo a svendere 200 suini a 4.500 euro, con un valore che supera i 20 mila. Di Lorenzo si prende anche la sua Porsche Panamera per 26 giorni. Mentre arriva a tempo scaduto l’esposto di Ezio e Marco Bonfanti, di Osio Sopra, titolari dell’autofficina Cardme. L’attività, secondo l’accusa, passa letteralmente sotto il controllo della banda, nel giro di pochi mesi: quattro auto vengono addirittura destinate ai galoppini dello spaccio. E infine, con le minacce, gli ormai ex titolari vengono costretti a cedere a Sipione l’attività, che poi verrà chiusa.