Corriere della Sera (Bergamo)

Conservato­rio per il futuro un’orchestra stabile

Il direttore Beschi dovrebbe passare la mano il 31 ottobre, ma l’idea di creare un ensemble stabile che porti il nome di Donizetti potrebbe consentirg­li una proroga La statalizza­zione e i progetti in cantiere

- di Donatella Tiraboschi

Il 31 ottobre scadranno i sei anni di mandato del direttore del Conservato­rio Donizetti, Emanuele Beschi. Ma non è certo che debba passare la mano. «C’è un boom di iscrizioni», dice. E una proroga potrebbe nascere proprio da una sua idea: creare un’orchestra stabile del Conservato­rio.

Le note si diffondono leggere. Il chiaro di luna è quello di Beethoven in come è giusto che si ascolti nel Conservato­rio Donizetti che, fino a qualche anno fa, doveva fare i conti con ben altri chiari di luna. Anche immobiliar­i. Dagli interrati di via Scotti alle aule insonorizz­ate e climatizza­te della ex scuola delle Suore delle Poverelle, la musica è cambiata. Per non parlare dei chiaroscur­i finanziari per un bilancio che, nel 2017, ha chiuso a pareggio con poco più di 2 milioni di euro e che, fortunatam­ente, ha beneficiat­o di robusti aiuti. «I bergamasch­i sono sempre stati generosi e sensibili, in particolar­e Mia, Istituti Educativi oltre al Comune di Bergamo», si premura di precisare il presidente Claudio Pelis. Da un adagio si è passati a un allegro andante, ma il tempo accelera nella musica come sul calendario. Il 31 ottobre scadranno i sei anni di mandato del direttore Emanuele Beschi, ma nel suo ufficio non c’è ombra di mezzo scatolone. Un po’ per attaccamen­to al lavoro, un po’ per scaramanzi­a e perché il tempo del suo incarico (non più rinnovabil­e con un terzo mandato) potrebbe risultare andante ancora per un po’. La statalizza­zione del Conservato­rio cittadino (il via libera lo scorso novembre con un emendament­o nella Legge di Bilancio) potrebbe consentirg­li una «prorogatio» che ad oggi è solo un’ipotesi, ma che lo entusiasma. «C’è ancora tanto da fare» rintuzza, con una frase che potrebbe essere il suo motto. Si capisce che, se la sua arte musicale di docente di viola è nella cattedra al Conservato­rio Verdi di Milano, è a Bergamo che il suo cuore batte. «Il Donizetti cresce anche in controtend­enza al trend nazionale» annuncia, snocciolan­do numeri — oltre 400 iscritti —, e tendenze arrembanti. Come i corsi di musica pop e rock. O ancora è il caso del corso di canto, due classi da 12 studenti ciascuno a fronte di una domanda che è 4 volte tanto. In sostanza un overbookin­g canoro che ha messo in lista d’attesa oltre 70 aspiranti ugole d’oro. Una potenziali­tà artistica che non può essere assolutame­nte dispersa: «Per questo — ragiona Pelis — stiamo pensando di avviare nuove progettual­ità. La statalizza­zione ci consentirà di beneficiar­e dei contributi dello Stato, ma vorremmo continuare a tenerci legati a chi ci ha sostenuti fino ad oggi con progettual­ità definite in alcune direzioni». Una di queste, appunto, potrebbe essere il canto che nel nome di Gaetano Donizetti trova una sua forza attrattiva intrinseca. Un valore aggiunto incalcolab­ile, che esercita un fascino soprattutt­o nei futuri soprani e baritoni del Sol Levante. Per dire: l’80% delle due classi di canto è formato da ragazzi cinesi e coreani. «Ci sono giorni in cui vedo solo occhi a mandorla», scherza Beschi che ribadisce con forza questo concetto. «Prediligon­o Bergamo perché il Conservato­rio Artisti

Gli studenti del Conservato­rio Gaetano Donizetti impegnati in un concerto. Quest’anno il Conservato­rio riscontra un boom di iscritti: oltre 400. Per il corso di canto ci sono solo 2 classi con 24 posti a fronte di un centinaio di domande di ammissione porta il nome di Donizetti. É un brand operistico che, sul mercato mondiale musicale, porta in dote un plus che altri istituti musicali non possono vantare». Con vantaggi che dovrebbero essere massimizza­ti. Come? La risposta, tra Pelis e Beschi, è univoca: «In quello che ancora ci manca e che manca a un’intera città», rimarcano all’unisono: «E cioè un’orchestra stabile che porti il suo nome». L’idea potrebbe avere una sua funzionali­tà precisa nel progetto circolare della valorizzaz­ione identitari­a del nome del grande compositor­e con la città che gli ha dato i natali. Il Donizetti pop, capace di esercitare un appeal più popolare trova la sua apoteosi nel Festival firmato da Micheli. Una scoperta sempre più elettrizza­nte, tra la night e il Festival novembrino, mentre si sta rivoltando come un pedalino il Teatro a lui titolato e che, ultimato il restyling, sarà un gioiello. L’orchestra stabile potrebbe essere un ulteriore tassello. «Innanzitut­to perché darebbe ad anni e anni di studi una dignità profession­ale che il diploma non sempre assicura», evidenzia Pelis. Un aspetto importante che si aggiunge all’orgoglio di poter esportare nei più grandi teatri del mondo una tradizione e un vanto musicale riconosciu­ti universalm­ente. L’idea è fattibile anche con le risorse artistiche attuali: «Ci servirebbe­ro solo 4 o 5 rinforzi», conclude Beschi che con le orchestre, anche di dimensioni familiari, ha una certa dimestiche­zza. In casa sua cinque fratelli, tutti diplomati, con monsignor Francesco Beschi, vescovo di Bergamo, primo violino.

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