«Moschee? Servono islamici credibili»
L’assessore Angeloni: sul cimitero ci adegueremo alle richieste del Tar
Il Tar ha concesso 90 giorni al Comune di Bergamo per rivedere la convenzione sul cimitero islamico. C’erano voluti due anni per scrivere il testo e arrivare alla firma con il Centro di via Cenisio. Ma il ricorso di altri gruppi islamici costringe il Comune a rimettere mano all’articolo del testo che attribuisce proprio al Centro islamico la facoltà di attestare «la fede islamica» dei defunti.
«Il Tar ci ha prescritto cosa fare e ci adegueremo», dice Giacomo Angeloni. E non è l’unica cosa che dice: l’assessore che più si è occupato di musulmani, «non meno di 5 mila persone a Bergamo», ripete con chiarezza che in città serve una moschea. Anzi, più di una.
Cosa succede adesso alla nuova convenzione?
«Il Tar la addormenta da un punto di vista giuridico, questa convenzione non ha valore fino a quando non la saniamo con quello che ci è stato chiesto. E il Tar ci dà anche le strade per sanarla. Abbiamo davanti diverse ipotesi. Si potrebbe chiedere l’attestazione della professione di fede islamica non più solo al Centro di via Cenisio, ma a tutte le quattro realtà che hanno firmato il Patto per l’Islam con il sindaco. Oppure, e questa strada mi pare più semplice, si potrà chiedere un’autocertificazione sulla fede islamica ai parenti del defunto, con lo stesso procedimento che usiamo per le cremazioni».
Servirà però la firma del Centro islamico.
«La convenzione è sottoscritta dal Centro islamico, che può decidere di accettare o meno questa modifica. Il Comune proverà a negoziare con tutti, come ci chiede il Tar, e come abbiamo sempre fatto, anche perché vogliamo stare fuori dalle loro beghe. Ma entro il 18 dicembre dovremo arrivare al Tar con una delibera di giunta che spiegherà qual è la proposta del Comune e quali sono i pareri che ci sono arrivati da chi dovrebbe firmare. Poi deciderà il Tar».
Il cimitero è comunale, potreste gestirlo senza convenzioni.
«Ma la convenzione del 2008 garantisce un diritto di superficie».
Potrebbero venire a chiedervi dei soldi indietro.
«Può darsi, ma è una valutazione da avvocati. L’obiettivo dell’allora giunta Bruni era dare un servizio agli islamici. Il problema vero è che ci sono dietro liti che vanno al di là del cimitero».
Questa vicenda ha riportato alla luce lo scontro tra i gruppi di musulmani in città.
«Io penso che passeranno generazioni prima che le comunità islamiche bergamasche, composte come sono oggi, potranno tornare a parlarsi. Al netto del tema politico, a Bergamo si è perso molto tempo in questi anni. Nei due anni della nostra amministrazione prima della legge antimoschee, si è perso tempo perché loro non andavano d’accordo. Mi spiace, abbiamo buttato via molte energie. Ma se a Bergamo ancora non c’è una moschea, la responsabilità è degli islamici. Uno aveva 5 milioni, l’altro aveva la relazione con il Comune, ma non hanno messo insieme le due cose. Dove è stato possibile dare casa a chi aveva bisogno di spazi religiosi, noi l’abbiamo fatto nei due anni in cui non c’era la legge anti-moschee. Penso per esempio a chi è ospite nei vecchi Riuniti, la chiesa rumena. Se non si risolve il problema dei luoghi di culto avremo tante vie Quarenghi, dove tuttora si prega in una moschea abusiva. I numeri di queste persone sono alti, gli islamici non sono meno di 5 mila. Anche in ottica di controllo e sicurezza, è preferibile avere dei luoghi definiti dove queste persone pregano, altrimenti verranno usati luoghi abusivi che non potranno essere controllati».
Voi avete firmato il Patto con l’Islam. Sta avendo qualche utilità pratica?
«È un segnale che abbiamo dato alle comunità, anche perché le loro divisioni interne pregiudicavano la relazione con il Comune. Il Patto definisce che il Comune è equidistante dalle varie comunità e definisce anche impegni chiari. Le comunità islamiche hanno iniziato a partecipare alle riunioni delle reti sociali nei quartieri. Il Comune ha ricevuto l’elenco degli imam e anche i bilanci delle associazioni. Dai numeri emerge che non arrivano soldi dall’estero e vivono di elemosine interne e donazioni. I sermoni vengono fatti in italiano o tradotti, ci sono verifiche».
Dentro la maggioranza questo è un tema marginale? «Non mi pare».
Quindi arrivate a fine mandato con le idee chiare su cosa mettere nel programma elettorale?
«Nel prossimo Pgt credo che dovranno essere indicati dei luoghi di culto però poi non siamo obbligati a fare la convenzione urbanistica con un soggetto o con un altro per fare la moschea.Bisogna vedere se gli islamici sono interlocutori credibili».
È però un’operazione politica molto delicata.
«Lo sappiamo. Ma dal punto di vista antropologico e sociologico, a Bergamo servono le moschee, servono spazi per il culto. Bisogna però trovarli i luoghi, prima di metterli nel Pgt. Il problema poi è l’interlocuzione con le comunità. In questo momento non le vedo molto solide, sono più impegnate a fare le loro beghe e i ricorsini. Quest’anno, durante il Ramadan, non abbiamo avuto lamentele. Anzi, la rete sociale di Monterosso ci ha detto che sarebbero felici di ospitarli ancora. Da qui a fine mandato vorrei arrivare a un accordo sul cimitero islamico. Voglio poi mantenere il Patto con l’Islam, perché le comunità vivano la città, e mantenere anche il dialogo con i vari gruppi».
❞ C’è stato lo spazio per trovare luoghi di culto, prima della legge regionale, se non è successo è responsabilità delle comunità islamiche, troppo impegnate nelle liti al loro interno Giacomo Angeloni Assessore