Oudolf: vi racconto come è nata l’edizione del 2018
Il paesaggista racconta come è nata la piazza verde del 2018 Tra precisione olandese e improvvisazione italiana: «Che rischio»
Adesso, dopo quasi tre settimane, è tutto più chiaro. Quando sull’allestimento di Piazza Vecchia scorrono i titoli di coda dell’ultimo week end, Piet Oudolf riavvolge il nastro sul progetto clou de «I maestri del Paesaggio». Lo fa dal palco del Teatro Sociale, tirando un sospiro di sollievo che materialmente non si vede ma che si percepisce mentre snoda il racconto concettuale e alle sue spalle scorrono le slides della sua verde pensata. Che non è stata una passeggiata. «Un anno fa mi è stato chiesto di partecipare, e non ho saputo dire di no», rivela, senza tradire la minima emozione in volto e con la stessa espressione seria con cui è stato immortalato nelle fotografie durante l’allestimento.
Tiratissimo e con lo stress a mille accanto ai ragazzi del vivaio Valfredda, fornitori ufficiali delle 15 mila piante in dimora. «È stata una sfida con tante difficoltà, ho corso un rischio senza quasi rendermene conto. Ad un certo punto — dice Oudolf — me lo sono pure chiesto: ma perché faccio queste cose?». Per la serie: «Chi te l’ha fatto fare, Piet?», lo ieratico paesaggista olandese illustra ai paesaggisti mondiali in platea, i bozzetti del progetto dove, addirittura, le piante utilizzate sono disegnate a mano una ad una. Come se lo schizzo fosse un acquarello, un tessuto, un patchwork da armonizzare.
«Nella piazza la gente deve poter camminare, andare al ristorante, ho pensato per prima cosa», dice Oudolf. Un primo bozzetto, un tentativo e un altro ancora e su quelle tavole, dipinte a mano, altri pensieri, idee e situazioni da far combaciare. Perché il verde, perenne o no, è materia viva. Le piante non crescono a comando, possono spuntare, vivere o morire come la natura decide, indipendentemente dal volere di chi pensa di utilizzarle. Oudolf voleva le piante nella loro stagionalità settembrina, pronte da inserire in quelle lingue vegetali che hanno tagliato la piazza in losanghe, finalmente approvate nel bozzetto definitivo. Con l’altezza giusta, la fioritura estemporanea nella consapevolezza che, in un allestimento nel cuore di una città storica, tutto dovesse funzionare alla perfezione in un brevissimo lasso di tempo.
Nella sua personalissima «plant list» ha inserito quelle erbacee che, incrociando latitudine e periodo, potessero esprimere la loro essenziale bellezza. Per semplificare il lavoro agli allestitori, è stata stampata addirittura una mappa posizionata sulla pavimentazione della piazza con le superfici occupate («perché in un metro quadrato ci possono stare 8 come 16 piante a seconda dell’invaso» ) e la nomenclatura di tutte le spe- cie usate. Nomi latini altisonanti mixati a inglesismi curiosi, come la cimicifuga ramosa queen of sheba dai fiori penduli o la gaura whirling butterflies che —spiegano i testi di botanica— «fioriscono instancabilmente per oltre 5 mesi». Certo, tra la grammatica delle schede che indicano tipologie «rifiorentissime» e la pratica di una piazza da allestire, il passo non è stato così breve. «Certe piante che non sarebbero state pronte a settembre, sono state sostituite con altre». Quella che è venuta in soccorso al nordico Oudolf è stata la specialità italiana per eccellenza: «L’improvvisazione». Sposta qui, metti là, aggiungi questo e togli quello. «È stata una cosa che mi ha logorato i nervi, all’inaugurazione l’allestimento non era all’altezza delle aspettative, ma con il passare dei giorni le piante hanno risposto».
Oudolf al premio ricevuto lo scorso giugno dalla prestigiosa istituzione britannica Royal Horticular Society, potrà aggiungere anche la medaglia ideale de «I maestri del Paesaggio». Gli spetta di diritto, non solo per l’allestimento all’avanguardia, ma anche e soprattutto per aver ceduto a Maurizio Vegini. Quanto a pressing, il presidente di Arketipos, è pure meglio di Gattuso.