LA GRANDE BELLEZZA
Capaci perfino di scardinare la proverbiale algidità del sindaco Giorgio Gori, che alla fine si dichiarerà «emozionato», le immagini del filmato con cui ieri si è aperto il meeting de «I Maestri del Paesaggio» sono di una bellezza sfolgorante. Colte nei loro particolari botanici, le erbacee dell’allestimento di Piazza Vecchia, come un mosaico naturale ricompongono un insieme che, nelle inquadrature, svela la Bergamo che conosciamo. Un paesaggio in cui rispecchiare, dirà il primo cittadino, la nostra storia. Dall’alto di un drone la piazza è solo un riquadro, un fazzoletto di pietre che si incastona come sulla montatura di un anello urbano. Per venti giorni è stato uno smeraldo verde, da dopo domani tornerà ad essere un’agata. La bellezza permane, non sfugge, si intercambia fissandosi nei fotogrammi, tra il Campanone e un’ape che ronza su un aster lateriflorus. Per i paesaggisti arrivati perfino dalla Nuova Zelanda, come dalla Russia e dal Brasile, Bergamo è una rivelazione. Una città che, vestendosi di verde per un evento unico, restituisce al mondo un’immagine di sé forte, decisa e sfidante. Diversa dalle cartoline veneziane, romane e fiorentine, ma perfetto frammento di una Grande Bellezza che attraversa i secoli. «E se le nostre città sono belle (quando ancora lo sono)— scrisse Carlo Cattaneo duecento anni fa — è perché sorsero per la vita civile, come uno spazio entro il quale lo scambio di esperienze, di culture e di emozioni avviene grazie al luogo e non grazie al prezzo». Il genius loci di Bergamo, cari paesaggisti ospiti, è tutto qui.