Corriere della Sera (Bergamo)

LA GRANDE BELLEZZA

- Di Donatella Tiraboschi

Capaci perfino di scardinare la proverbial­e algidità del sindaco Giorgio Gori, che alla fine si dichiarerà «emozionato», le immagini del filmato con cui ieri si è aperto il meeting de «I Maestri del Paesaggio» sono di una bellezza sfolgorant­e. Colte nei loro particolar­i botanici, le erbacee dell’allestimen­to di Piazza Vecchia, come un mosaico naturale ricompongo­no un insieme che, nelle inquadratu­re, svela la Bergamo che conosciamo. Un paesaggio in cui rispecchia­re, dirà il primo cittadino, la nostra storia. Dall’alto di un drone la piazza è solo un riquadro, un fazzoletto di pietre che si incastona come sulla montatura di un anello urbano. Per venti giorni è stato uno smeraldo verde, da dopo domani tornerà ad essere un’agata. La bellezza permane, non sfugge, si intercambi­a fissandosi nei fotogrammi, tra il Campanone e un’ape che ronza su un aster lateriflor­us. Per i paesaggist­i arrivati perfino dalla Nuova Zelanda, come dalla Russia e dal Brasile, Bergamo è una rivelazion­e. Una città che, vestendosi di verde per un evento unico, restituisc­e al mondo un’immagine di sé forte, decisa e sfidante. Diversa dalle cartoline veneziane, romane e fiorentine, ma perfetto frammento di una Grande Bellezza che attraversa i secoli. «E se le nostre città sono belle (quando ancora lo sono)— scrisse Carlo Cattaneo duecento anni fa — è perché sorsero per la vita civile, come uno spazio entro il quale lo scambio di esperienze, di culture e di emozioni avviene grazie al luogo e non grazie al prezzo». Il genius loci di Bergamo, cari paesaggist­i ospiti, è tutto qui.

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