Bossetti, arriva la Cassazione «Nuovo test Dna»
L’avvocato Salvagni: abbiamo fiducia nella Cassazione, non concedere la perizia errore di forma e sostanza
Il momento della verità cadrà per lui 16 giorni prima del suo quarantottesimo compleanno e dopo 1.579 giorni passati in carcere, da quel lunedì 16 giugno 2014 in cui era scattato il fermo in un cantiere di Seriate. Il 12 ottobre Massimo Bossetti sarà davanti alla Corte di Cassazione, che dovrà decidere sul ricorso presentato dai suoi legali contro l’ergastolo per l’omicidio pluriaggravato di Yara Gambirasio, la studentessa e ginnasta di Brembate Sopra uccisa a 13 anni il 26 novembre 2010.
Dopo un ricorso di 595 pagine gli avvocati di Bossetti hanno depositato ieri i «motivi aggiunti», l’ultima integrazione documentale prima di andare di fronte alla Corte. Un’udienza, quella del 12 ottobre, a cui si arriverà dopo pareri unidirezionali di tutti i giudici che si sono occupati finora del caso, sia in sede cautelare sia a processo, sulla validità di quelle tracce di Dna attribuite a Bossetti, sui leggings e gli slip di Yara, e quindi sulla sua colpevolezza. «È andata così — ragiona l’avvocato Claudio Salvagni — perché finora questo è stato un processo all’indagine genetica più importante della storia d’Italia, che la pubblica accusa vuole difendere a ogni costo. Non è stato un processo a Massimo Bossetti, questo è il problema». Un affondo duro, quello del legale, che argomenta ancora: «Ho sempre sostenuto che questo era un caso squisitamente da Corte di Cassazione, dove i giudici sono tutti togati. Nel ricorso insistiamo su macroscopiche violazioni procedurali, che però sono anche sostanza. Da quando Bossetti è stato indagato tutti i giudici, tutti, hanno negato una nuova perizia sul Dna, nonostante i consulenti dell’accusa sia del San Raffaele sia dell’Università di Pavia abbiano affermato che c’è materiale su cui procedere a nuove analisi. Inoltre il dato finale, secondo noi, è stato ottenuto senza il rispetto dei protocolli previsti dalla co- munità scientifica internazionale, ad esempio con l’utilizzo di kit scaduti per il Dna. Senza dimenticare che l’accusa afferma di aver trovato la componente nucleare del Dna, ma non quella mitocondriale».
I «motivi aggiunti» sono un’integrazione «con una serie di elementi — precisa Salvagni — che stigmatizzano ancora di più le falle procedurali, in particolare prendendo spunto da tutta una serie di sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo che definiscono una serie di criteri a tutela degli imputati». La difesa citerà anche il processo per l’omicidio di Meredith Kercher: «Quel documento — cita l’avvocato di Bossetti — sostiene che l’indagine genetica condotta senza il rispetto delle linee guida internazionali produce un risultato che non è considerabile neppure un indizio».
La Procura della Repubblica di Bergamo, però, così come la Procura generale di Brescia in secondo grado, hanno sempre ritenuto irrilevanti le osservazioni procedurali della difesa. E dello stesso parere sono sempre stati i giudici. Si va al 12 ottobre, l’ultima possibilità, per Massimo Giuseppe Bossetti, di ribaltare un giudizio finora di condanna.
Il confronto I legali: la sentenza sull’omicidio Meredith dice che le procedure vanno rispettate