Il prof assassinato «Aveva screzi con i dipendenti»
Insegnante modello al Natta, padrone in fattoria
L’assassino lo ha aggredito alle spalle, ferendolo alla nuca e alla schiena, e quando si è girato per difendersi lo ha sfregiato al volto e infine lo ha accoltellato alla gola. È morto soffocato dal proprio sangue Cosimo Errico, il professore del Natta trovato assassinato nella sua tenuta di Entratico. L’autopsia eseguita ieri ha rilevato dieci coltellate anche se non è stato possibile accertare l’ora del decesso. L’arma è un coltello dalla lama liscia che non è ancora stato trovato, anche se ieri tutta la zona è stata perlustrata da cinquanta carabinieri. Le indagini hanno evidenziato che il professore negli anni non abbia mai avuto problemi con i colleghi (i quali raccontano di averlo visto preoccupato negli ultimi tempi) ma che trattasse con arroganza gli immigrati che utilizzava in nero per lavorare nella tenuta. Problemi legati ai pagamenti potrebbero quindi essere al centro dell’aggressione.
Alla schiena, alla nuca, e poi alle mani, alle braccia, e un taglio in pieno viso di trasverso sulle labbra e infine il colpo fatale, alla gola. La violenta colluttazione che ha portato alla morte di Cosimo Errico, con l’assassino che sferra le coltellate e il professore che cerca di difendersi fino a quando crolla colpito a morte, sono state ricostruite nel corso delle quattro ore di autopsia eseguita ieri al Papa Giovanni.
Prima, alle 11.20, c’è stato il riconoscimento ufficiale della salma effettuato dalla moglie Gisella Borgonzoni e dal figlio Simone, rimasti a lungo stretti in un abbraccio nella camera mortuaria. Mezz’ora dopo è iniziato il lungo esame effettuato dalla dottoressa Yao Chen dell’Università di Pavia. Prima la Tac e poi l’autopsia hanno permesso di rilevare dieci ferite inferte con uno strumento a lama liscia compatibile con un coltello da cucina non molto lungo. Arma che non è ancora stata trovata: ieri mattina il colonnello Paolo Storoni che coordina le indagini ha richiamato cinquanta carabinieri dalle stazioni di tutta la provincia (forestali compresi) e ha fatto perlustrare boschi e campi intorno alla cascina del delitto, senza però trovare niente.
Visto il tipo di ferite, si pensa che Errico sia stato aggredito alle spalle quando era voltato di tre quarti rispetto al suo aggressore. E che dopo i primi colpi si sia girato per difendersi (il che spiega le ferite a mani e braccia) e infine sia stato ucciso dalla coltellata alla gola che ha reciso la vena giugulare. La conseguente emorragia ha causato la morte per soffocamento. L’autopsia non ha permesso però di accertare l’ora della morte. L’assassino, che probabilmente conosceva il professore, ha appiccato il fuoco al corpo della vittima alterandone così la temperatura. Non è quindi stato possibile stabilire da quanto fosse avvenuto il decesso al momento del ritrovamento. L’aggressore è stato uno solo ma non è detto che non avesse almeno un complice. Ma è difficile capire quali possano essere le loro impronte fra le tante rilevate nello sporco che ricopre il pavimento della cascina, e del resto la stessa mattina del delitto c’era stata la visita di una scolaresca milanese. La cascina non aveva telecamere né impianti di sicurezza. In realtà non aveva nemmeno una serratura: i carabinieri hanno avuto i loro problemi a tenere chiusa la porta quando hanno apposto i sigilli.
I militari hanno ascoltato 25 persone, tra ex dipendenti, gente del paese e vicini. Fra i quali molti hanno raccontato dei problemi legati alla musica a tutto volume delle feste che venivano organizzate nella cascina, molte da parte degli stessi studenti del professore. Ma la pista principale resta quella legata ai rapporti tra Errico e gli immigrati che lavoravano nella cascina e nella vasta tenuta che va anche oltre i vicini confini di Luzzana e Borgo di Terzo. Il professore li pagava in nero 10 euro l’ora, compenso ritenuto non compatibile con il duro lavoro agricolo. Ma c’era stato un mancato pagamento? Sembra che nei confronti dei lavoratori ci fosse un comportamento sprezzante e arrogante. Tanto che uno di loro lo avrebbe rimbeccato: «Non ci tratteresti così se fossimo bianchi». Anche se c’è da dire che si scontravano con il carattere del professore anche coloro che usavano la vicina pista ciclabile: «Non voleva che passassero, si considerava il padrone della collina», dicono gli inquirenti. I quali stanno incontrando scarsa collaborazione dagli stranieri che hanno lavorato per Errico, anche perché quattro di loro sono richiedenti asilo, e metterebbero a rischio il loro status raccontando di avere lavorato nonostante i divieti. Tra loro c’è un gambiano che era stato trovato a lavare dei vestiti. Si sospettava che potessero essere stati sporchi di sangue, sospetto che si è dimostrato infondato.
A reggere quel coltello non è stato un rapinatore: Errico aveva ancora il portafogli con un centinaio di euro. Chi ha sferrato quelle dieci coltellate era mosso da una rabbia feroce che non lo ha fermato fino a quando non ha visto il professore cadere a terra.
La dinamica La vittima è stata aggredita alle spalle e quindi accoltellata al viso e infine alla gola