«Pure con un handicap la vita prosegue E lo sport insegna a non mollare mai»
Il numero 1 paralimpico tra gli ospiti illustri della Pedalando coi campioni
Per il tredicesimo anno consecutivo, domenica Casazza diventerà la capitale del ciclismo: in occasione della Pedalando coi campioni, randonnée intorno al lago di Endine caratterizzata dalla presenza di 125 ex professionisti, sulle strade della Val Cavallina si vedranno sfilare campioni del calibro di Moser, Bugno, Basso, Berzin, Savoldelli, Tafi e l’iridato australiano Cadel Evans. Una parata di stelle che, accettando l’invito dell’ex collega Ennio Vanotti, si cimenterà per beneficenza in una cronometro a squadre di 17 km in compagnia di circa 500 amatori: il ricavato della manifestazione, infatti, verrà devoluto in favore di Sharon Racamato, ragazza di Palazzago affetta da tetraparesi spastica, e dell’Associazione CDKL5 – Insieme verso la cura, impegnata nella battaglia contro questa rara malattia neurologica genetica. A sottolineare l’importanza del rapporto tra sport e disabilità, al via ci sarà anche l’atleta paralimpico Luciano Caironi. Classe 1970, dalla nascita privo della gamba sinistra, il portacolori del Team Isolmant concluderà in quell’occasione una stagione che gli ha regalato altri due titoli italiani: uno nella mtb e uno su strada. «Ora il conto è salito a dieci, a cui vanno aggiunti i piazzamenti in Coppa Europa», fa i conti il 48enne di Zanica.
Cosa si prova a correre in mezzo a tanti campioni?
«È una bella emozione, quest’anno ancor di più: avevo già partecipato alla Pedalando, ma la volontà da parte degli organizzatori di destinare il ricavato al mondo della disabilità mi fa sentire particolarmente coinvolto. E orgoglioso».
Orgoglioso?
«Oltre a fare troppo poco per alleviare i disagi dei diversamente abili, in Italia raramente si mostrano gli esempi positivi, quelli che potrebbero aiutare queste persone a riprendere in mano la loro vita. Ecco, lanciare un piccolo messaggio di fiducia è il mio obiettivo per la manifestazione di Casazza».
Che messaggio può dare lo sport?
«Che la vita prosegue, anche se in maniera diversa; e che non serve rintanarsi in ca-
sa o isolarsi dal mondo. Una lezione che Alex Zanardi ha fatto sua in maniera splendida: fino a pochi anni fa era un atleta in cima al mondo; ci è tornato, solo in una veste diversa».
Zanardi è un professionista. Perché una persona «normale» dovrebbe impegnarsi nello sport?
«Perché fa star bene; fa capire che le cose si possono comunque fare e, infine, perché fa comprendere a tutti che bisogna tener duro e andare avanti, possibilmente con il sorriso».
Lei come ha iniziato?
«Pedalando con gli amichetti del vicinato, con la mia bicicletta con un solo pedale, in quelle gare che consideravo le Olimpiadi del quartiere. Era un bel passatempo; e andavo già forte».
Ha corso anche nelle categorie giovanili?
«No, da adolescente avevo altre priorità: scuola, amici, ragazze. Sono tornato ad allenarmi da sposato e dopo aver comprato un Labrador».
Cioè?
«A passeggio non riuscivo a gestirlo perché tirava; quindi ho acquistato una mtb per farlo correre nei boschi. Si può dire che il mio primo allenatore sia stato lui».
Labrador «Ho cominciato ad andare in mtb perché così potevo seguire il mio cane tra i boschi»