Si aprono gli atelier di Cattaneo, Grimaldi e Marocco
L’Officina della scultura apre le porte degli studi di Piero Cattaneo in città, di Gianni Grimaldi, a Seriate, e di Armando Marocco a Bollate. Visite guidate gratuite e laboratori fino al 21 ottobre
Tra casa e studio non c’è soluzione di continuità. La prima era stata pensata per contenere il secondo, che a sua volta era stato costruito per ospitare un forno, dove fondere i bronzi a cera persa. Su quello stesso forno ci sono ancora i segni dei pensieri dell’artista Piero Cattaneo, prima che li plasmasse con la materia perché prendessero forma di scultura.
Così, sulle pareti, si legge «improbabile» scritto con gesso bianco vicino a uno schizzo. O ancora la frase: «La cultura dei nomi? O i nomi della cultura?», quale «riflessione sull’etica dell’arte — dice la figlia Marcella Cattaneo —. A mio padre interessava lasciare tracce sulla propria ricerca artistica, riferita alla tecnica e all’uso dei materiali, piuttosto che un nome». Dietro a quello di Cattaneo c’è la storia della scultura dei primi del Novecento. Nato nel 1929, formato negli anni 1948 - 49 sotto la guida di Achille Funi e Gianni Remuzzi all’Accademia Carrara, parte dal figurativo, con esemplari come il «Toro ferito» e la «Piccola dormiente» in terracotta, per proseguire seguendo suggestioni astratte, usando il legno, il cemento, il vetro colorato. «Ma non si sentiva soddisfatto, sino a quando negli anni Sessanta indirizza la ricerca verso il bronzo. Prima sperimenta la fusione a cielo aperto con impressioni vegetali, poi quella a cera persa e mette a punto un suo forno. Era un uomo molto esigente», dice la figlia, aprendo le porte dell’atelier del padre, che negli anni Ottanta si accostò anche all’uso dell’acciaio inox, per «proiettare l’osservatore in una dimensione tridimensionale altra», aggiunge. Il suo è il primo di tre studi — gli altri due sono quello di Gianni Grimaldi a Seriate e di Armando Marrocco a Bollate —, visitabili da domani al 21 ottobre grazie al progetto «L’Officina della scultura», promosso dall’Associazione Piero Cattaneo, con il sostegno di Fondazione Cariplo e Provincia di Bergamo, nel cui cortile, sino a gennaio, sarà esposta la scultura «Tavola arcana». Un esemplare è visibile anche nello studio di Cattaneo: «È un parallelepipedo corroso che scopre una realtà inaspettata che parla il linguaggio artistico di mio padre, che ci porta altrove, attraverso superfici lisce, ruvide e ingranaggi, le cui forme erano prese da oggetti d’uso quotidiano come maniglie di cassettoni o pezzi di plastica. Gli interessavano le forme», continua la figlia, per cui l’Officina della scultura è come una fucina, dove l’artista è un po’ fabbro e un po’ maniscalco. Ma quegli ingranaggi e il brulicare di forme ricordano anche parti di strumenti musicali. Cattaneo amava la musica, componeva sempre ascoltando qualcosa, spesso opere.
«E aveva una voce da tenore — racconta il figlio Andrea —. Ma se gli chiedevi cosa stesse rappresentando, rispondeva che il significato di un’opera sta in quello che ciascuno ci vede e gli trasmette. Lui, di certo, da uomo preciso che non lasciava nulla al caso, ricercava la sua perfezione».