Corriere della Sera (Bergamo)

RUAH, FINE DI UN’ERA

- Di Cristiano Gatti

Sembrava il settore più florido della nostra economia traccheggi­ante, con una domanda di servizi in crescita esponenzia­le, con aspettativ­e di interminab­ile durata, soprattutt­o con continue assunzioni. Sì, nel ramo accoglienz­a sembrava andare tutto a gonfie vele: le disgrazie del Terzo Mondo servite direttamen­te qui in casa nostra, a chilometri zero, ogni giorno nuovi arrivi e nuove urgenze. La generosa terra di Bergamo ci ha dato dentro, segnalando­si ancora una volta per cuore e per efficienza: in un vortice di polemiche nazionali, in un inevitabil­e frullatore di difficoltà pratiche, siamo comunque riusciti a mettere in piedi un nostro modello. In diversi paesi, ma anche in città, tanti stranieri erranti hanno trovato un approdo: non allo Sheraton, qualche volta si sono persino lamentati dell’isolamento e della scarsa cucina, ma in ogni caso hanno smesso di soffrire la fame e di rischiare la vita. Comunque un buon salto nella scala sociale. Adesso però si accende una spia rossa, impensabil­e soltanto un anno fa: crollano gli arrivi, crolla l’attività del settore, crolla l’occupazion­e. Il caso Ruah, il gruppo esposto in prima linea, colpisce per la cattiveria dei dati: nel 2017 la cooperativ­a contava su 210 addetti, un anno dopo sono 156, prestissim­o saranno 135. Se non è crisi questa. Un’altra bolla che esplode e che lascia vittime sul marciapied­e. In questo caso, italiane. Servirebbe solidariet­à anche per queste famiglie, c’è qualcuno dalle nostre parti che si metta una mano sul cuore per loro?

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