Corriere della Sera (Bergamo)

Le unioni civili Boom, ora meno

Arcigay: «Fisiologic­o, i primi aspettavan­o da decenni» Fissate altre 9. Sono di più gli uomini, le coppie reggono

- Castellucc­i

La prima ad agosto 2016. Boom nel 2017, ora sotto la media.

Sono passati due anni dalla prima unione civile celebrata a Palazzo Frizzoni. Era il 19 agosto 2016, le 11 di mattina. «Un momento storico», disse il consiglier­e Simone Paganoni, che officiava. Da allora, si bissò nel giro di trenta minuti, altre 73 coppie omosessual­i (cioè 148 persone) hanno scelto il Comune di Bergamo per coronare il loro progetto di vita insieme, dopo un’attesa lunga a volte decenni. È una cifra di un certo peso, anche se biennale, se si pensa che in media i matrimoni laici sono trecento all’anno.

In quella finestra di cinque mesi del 2016, le unioni furono 24. Con tutto il calendario a disposizio­ne, il 2017 è stato l’anno dell’exploit: 32 coppie. Rispetto a queste medie, il 2018 risulta in flessione: 13 unioni (9 sono in programma per i prossimi giorni).

L’anno del BergamoPri­de, con la fiumana arcobaleno dei diecimila che in corteo si sono presi festosamen­te per un pomeriggio il salotto buono della città, nonostante le ulteriori unioni già fissate probabilme­nte si chiuderà con il dato più basso del triennio. È un assestamen­to fisiologic­o, spiega l’Arcigay. «Ci aspettavam­o questo trend di normalizza­zione — precisa il presidente, Marco Arlati —, dopo il boom dei primi anni, quando si sono unite le coppie storiche che aspettavan­o

Insieme Sergio Tribbia e Marco Riva sono stati tra i primi (settembre 2016) a unirsi civilmente in Comune a Bergamo. Altre 72 coppie l’hanno fatto a Palafrizzo­ni

una legge da quarant’anni. Nei prossimi anni magari avremo i numeri dei divorzi». Finora, però, solo storie a lieto fine: «A oggi, non c’è stato nessuno scioglimen­to — conferma l’assessore ai Servizi demografic­i, Giacomo Angeloni —, nemmeno fra i residenti che si sono uniti altrove». Secondo quanto risulta ad Arciagy, in Italia ci sarebbe stato un unico caso, in Veneto.

L’entrata a regime si misura anche nelle statistich­e. Nel 2018, per la prima volta i residenti in città hanno superato chi proveniva dalla provincia: 13 coniugi contro 5. È forte anche la provenienz­a dall’estero: spulciando le bandierine, ci si imbatte in Brasile (due casi), Spagna, Argentina e Perù. L’anno scorso città e provincia pareggiaro­no: 23 persone ciascuno, più 5 dal resto d’Italia. Erano invertiti i rapporti di forza nel 2016: 17 residenti a Bergamo, 26 dal circondari­o.

«Con il passare del tempo, ogni Comune si è attrezzato — sottolinea Arlati —. Tutta la popolazion­e LGBT sa che nessuno si può rifiutare perché c’è una legge dello Stato». Angeloni condivide: «Il capoluogo ha dato il buon esempio — dice —. Ho la sensazione che ora tutti possano sposarsi dove vogliono».

Capita ancora, secondo l’assessore, che qualcuno si rivolga alla città per ragioni di riservatez­za, meno scontata nei piccoli centri. Facilita la trafila il fatto che, a differenza dei matrimoni etero, non serva una delega del sindaco del municipio di residenza. Da qui la costellazi­one di località della Bergamasca che ha affollato gli elenchi dell’amministra­zione. Non sono tutti lombardi i «forestieri»: anche se è folta la rappresent­anza di bresciani, lecchesi e brianzoli, figurano pure siciliani.

Quest’anno si è anche assottigli­ata la forbice fra uomini, in decisa maggioranz­a, e donne: 8 coppie di maschi a 5, su 13 unioni. In passato l’azzurro ha dilagato: 26 contro 6 nuclei di femmine nel 2017, 17 a 7 l’anno prima. «La priorità? Una legge nazionale e regionale contro l’omofobia e la transfobia, reati molto specifici — conclude il presidente di Arcigay Bergamo —. Questa lacuna va colmata, perché il clima d’odio è aumentato. E vogliamo una legge sull’adozione: grazie al cielo la stepchild adoption che manca nella legge Cirinnà è stata riconosciu­ta nelle sentenze dei giudici. È successo per esempio a Torino, ma le famiglie arcobaleno si stanno diffondend­o anche qui».

Dall’estero Quest’anno sono più i residenti i città, ma non mancano brasiliani, peruviani e spagnoli

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