Gli spari alla ex poi i nove giorni in un camper
D’Apolito, la fuga e il rifugio in un parcheggio
Èrimasto barricato per nove giorni in un camper parcheggiato in un piazzale della Brianza, convinto di avere ucciso la ex moglie con tre colpi di pistola sparati con gli occhi chiusi. Ma solo quando ha saputo che Flora Agazzi era ancora viva, anche se ancora grave, Salvatore D’Apolito è crollato e ha deciso di costituirsi ai carabinieri. Con lui l’avvocato, che chiederà una perizia psichiatrica. D’Apolito ha spiegato di avere agito contro la donna che l’aveva abbandonato perché «si sentiva solo». Di avere usato una pistola spagnola vecchia di settant’anni trovata, con tanto di proiettili, sotto il sedile di un taxi inglese degli anni Cinquanta che stava sistemando. Di essere andato avanti e indietro tra la Brianza e Negrone su una Vespa 50 con la targa coperta e che poi aveva ridipinto. E di avere lasciato in casa un quaderno con propositi suicidi con la speranza di depistare gli inquirenti. Inutilmente.
«Ho fatto una sciocchezza», ha detto. «Mi sentivo molto solo», si è giustificato. Non ha chiesto della ex moglie, sapeva che era sopravvissuta dopo che lui le aveva piantato tre pallottole in corpo. Sopravvissuta, ma ancora molto grave: è sedata e fino a ieri piantonata dai carabinieri nel timore che lui arrivasse a finire il lavoro. Invece Salvatore d’Apolito era nascosto nel suo camper in un parcheggio della Brianza, prima di capire che la partita era persa e di consegnarsi «con un aspetto stravolto» ai carabinieri venerdì alle 21.30. Era con l’avvocato Stefano Sorrentino di Torre Annunziata, che preannuncia la richiesta di perizia psichiatrica.
Prima di andare in carcere con l’accusa di tentato omicidio, ripercorre la vicenda che lo ha portato a sparare a Flora Agazzi, il 27 settembre a Negrone. Spiega di non avere accettato l’abbandono, si sentiva molto solo e si scontrava con la ex per questioni di denaro. Sei giorni prima dell’udienza per la separazione decide di vendicarsi.
La pistola l’aveva già da cinque anni, anche se vecchia e arrugginita: era una Astra, prodotta tra il 1941 e il 1944 dalla Spagna per la Wehrmacht. L’ha trovata, racconta, in un taxi inglese degli anni ‘50 che aveva comperato per sistemarlo e rivenderlo. Era sotto un sedile e con il vantaggio di essere già dotata di 14 colpi 9x21 nel caricatore più uno in canna. Si procura altri trenta proiettili di vari calibri, dal 7x65 al 9x9 parabellum.
Sorveglia la ex scoprendo che ogni mattina va a prestare assistenza a un’anziana. Poi prepara l’azione. Nasconde il vecchio camper Fiat 35 in un piazzale di Lesmo scegliendo un punto nascosto dagli alberi. Ci mette cibo e un po’ di soldi. Si procura due parrucche per mascherarsi.
La mattina del 27 sale su una vecchia Vespa 50 Special bianca con la targa coperta da nastro adesivo e fa tutta la strada dalla sua casa di Villasanta a Negrone. Parrucca in testa e cappuccio calato, si avvicina alla villa dove sa che si trova la ex moglie. Buca due ruote dell’auto per non farla scappare. Quando lei esce la spia mentre chiama il gommista. Esita: teme di essere visto dai muratori del vicino cantiere. Ma Flora Agazzi lo nota e si volta. Lui agisce: chiude gli occhi e spara sei colpi. Tre si piantano nei muri e negli infissi della villa, ma tre colpiscono la donna a spalla, collo e torace. Mentre i muratori corrono in soccorso, lui va verso la Vespa e inizia la fuga. Nel tragitto fino a Villa di Serio si disfa della parrucca e perde un pezzo di marmitta. Arriva alla provinciale e da lì fino a Lesmo. È sicuro di avere ucciso la donna, il suo piano è di rifarsi vivo dopo qualche tempo certo che nessuno possa accusarlo: il cellulare è a casa, la targa dello scooter è coperta, nessuno lo ha riconosciuto. Se mai qualcuno arriverà a casa sua troverà il quaderno con frasi come «Flora mi manca da morire» e «Voglio farla finita», e penserà che si sia suicidato. Ma non sa che Flora Agazzi è viva ed è riuscita a dire che a spararle è
L’arma È una Astra spagnola di 70 anni fa «trovata sotto il sedile di un vecchio taxi inglese»
stato lui. D’Apolito ridipinge la Vespa di blu, si era portato una bici ma non lascia mai il piazzale. Alla storia del suicidio non ha abboccato nessuno. Da Bergamo ogni giorno alle 6 partono dieci carabinieri che perlustrano per 18 ore la Brianza fino a Chiavenna. D’Apolito è solo e disperato, non ha nessuno che lo possa aiutare. Quando viene a sapere che la ex moglie è viva crolla. Chiama l’avvocato e gli dice: «Mi voglio costituire».