BergamoScienza e il robot di Ian McEwan
Inaugurata nell’aula magna dell’Università la sedicesima edizione del festival. Oggi alle 10 interviene il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti. La medaglia del presidente della Repubblica
L’uomo, l’amore, i robot. La sedicesima edizione di BergamoScienza è iniziata con lo scrittore Ian McEwan e il neuroscienziato Ray Dolan. Al festival la medaglia del Presidente della Repubblica. Oggi il paleontologo Jack Horner.
Se un robot può innamorarsi, significa che è umano? Comincia con domande e questioni tra scienza e letteratura la sedicesima edizione di BergamoScienza, inaugurata ieri all’aula magna dell’Università con un dialogo tra lo scrittore Ian McEwan e il neuroscienziato Ray Dolan. Sul Sentierone è iniziata inoltre «La scuola in piazza», con 45 dei 64 istituti che hanno dato un assaggio delle attività previste durante la manifestazione. Anche oggi, dalle 10 alle 18. Alle 10 interviene il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti.
Ieri, all’avvio dei lavori, la presidente del festival Raffaella Ravasio ha ricevuto una medaglia del presidente della Repubblica, un riconoscimento per la kermesse. «Questa medaglia è un po’ anche vostra — afferma Raffaella Ravasio —, perché siamo convinti che BergamoScienza sia la città intera». Interviene poi l’astrofisico Luca Perri. Accompagnato dal musicista Mirko Dettori e dai disegni dell’artista Tuono Pettinato. Parte con Jules Verne che in Viaggio al centro della Terra declama: «La scienza è fatta di errori, ma di errori che è bene commettere perché a poco a poco conducono alla verità». Galileo Galilei provò a misurare la velocità della luce, senza riuscirci. Einstein non ammetteva l’esistenza dei buchi neri, ma è ironico pensare che proprio lo scontro tra due buchi neri ha permesso di verificare, nel 2016, l’esistenza delle onde gravitazionali, che lui aveva previsto e non dimostrato. E se Einstein pronunciò la famosa frase «Dio non gioca a dadi», Stephen Hawking ribadì che «Dio non solo gioca a dadi, ma a volte ci confonde gettandoli dove non li possiamo vedere».
E che dire degli errori plateali? In tempo di guerra fredda, gli scienziati russi credettero di aver scoperto «il quarto stato dell’acqua, la poliacqua — riassume Perri —. Gli americani si affannarono a cercarla. Finché non ci si rese conto, 8 anni dopo, che questa famosa “poliacqua” era solo il sudore degli scienziati che aveva contaminato i campioni esaminati». Ma forse l’importante è essere ottimisti come Thomas Edison. L’inventore riuscì a creare la lampada a incandeintrodotti scenza dopo 2 mila tentativi. Al giornalista che gli chiese «Come ci si sente ad aver sbagliato 2000 volte?», rispose: «Non ho sbagliato 2 mila volte. Ho trovato 2 mila modi per non fare una lampada a incandescenza». Insomma, per citare Oscar Wilde, «l’esperienza è il nome che diamo ai nostri errori». Ed è ancora un dialogo tra letteratura e scienza quello tra Ian McEwan e Ray Dolan, da Stefano Cappa, dello Iuss di Pavia, che rileva come «BergamoScienza faccia spesso incontrare diverse ali del sapere». I due sono amici di lunga data, e condividono la passione per la montagna. McEwan è romanziere e autore di capolavori come «Espiazione» o «Nel guscio». Dolan è professore di neuropsichiatria alla University College London e tra gli scienziati più citati nel suo campo. Inizia lui a parlare, rivolgendosi all’altro in una conversazione familiare e rilassata. «Ian è uno dei pochi scrittori che introduce la scienza nei suoi romanzi. Che cosa la rende un argomento interessante?»
«Sono interessato non alla scienza, ma alla conoscenza. La scienza è una forma di curiosità organizzata.»
Raccontano di quando si sono conosciuti, nel momento in cui Dolan, psichiatra, stava passando alla neuroscienza. Tra le sue ricerche, l’impatto delle emozioni sullo sviluppo dell’intelletto, o lo studio dei gangli basali, quella parte del cervello dove «vengono visualizzati i pro e i contro ogni volta che operiamo una scelta. Per scegliere dobbiamo creare, nella nostra mente, un modello del mondo presente, ma anche un altro modello di come sarà il mondo futuro, dopo la nostra decisione». Le scelte sono influenzate «dall’utilità, ma anche dalla soggettività».
Ed è sulla soggettività che si apre il dialogo sui robot. Nel nuovo romanzo di Ian McEwan, ancora inedito, un giovane acquista un robot, ma il robot si innamora della fidanzata del protagonista. «Pensi — chiede Dolan a McEwan — che un robot possa sentire delle emozioni, o pensi che possa solo dire di sentirle?» La risposta sta nel libro. «Perché — come conclude Ian McEwan — la scienza influenza la letteratura. Ma a volte è vero anche il contrario. L’effetto della letteratura sulla scienza forse è più nebuloso, più fragile. Magari dovremmo indagarlo».
Nel mio ultimo libro c’è un giovane che acquista un robot che si innamora della sua ragazza... La scienza influenza la letteratura, ma forse è vero anche il contrario
Ian McEwan
I progressi nel campo dell’intelligenza artificiale fanno supporre che possa essere molto vicino un mondo in cui anche i robot parleranno di emozioni
Ray Dolan