Daria Guidetti: «La fisica è (anche) donna»
La ricercatrice parlerà oggi dei pregiudizi che frenano le studentesse
Bambine, giocate. Giocate a sognare, a diventare astronaute. Se anche Barbie si adegua diventando la «Barbie Samantha Cristoforetti» significa che non ci deve essere più posto per le barriere di genere e gli stereotipi culturali nella scienza. Giocando si potrà diventare astrofisiche proprio come Daria Guidetti che, ospite per il secondo anno di BergamoScienza, terrà oggi al Bergamo Science Center una doppia conferenza. Parlerà alle scuole alle 11 e al pubblico alle 15, partendo da una domanda semplice: la scienza è roba per donne?
«C’è un retaggio culturale, nella nostra società, secondo cui le donne non sarebbero portate alle materie scientifiche al pari degli uomini. Questo fa sì che, in questi ambiti, si sia creato un mondo maschile dove le donne emergenti vengono viste come casi eccezionali: Margherita Hack, Fabiola Gianotti e Samantha Cristoforetti, per citarne alcune».
Donne famosissime.
«Che sono la punta di un iceberg fatto da migliaia di donne molto meno famose, attive in ambiti scientifici. C’è un problema di fondo, molto subdolo, e cioè la mentalità, nella nostra cultura, degli stereotipi di genere».
Il professor Strumia ha provato a dimostrare con dati incrociati che la fisica è una materia da maschi.
«Al contrario: ci sono studi neurobiologici secondo i quali tra il cervello maschile e quello femminile non ci sono grandi differenze, e funzionano allo stesso modo. E ci sono studi sociali recenti e prestigiosi che hanno mostrato come sia la società ad influenzare le nostre predisposizioni».
A partire da quando?
«Dai cinque, sei anni. A quell’età le bambine già si sentono un passo indietro rispetto ai maschietti nelle materie scientifiche. Sono stati eseguiti dei test nelle elementari in cui ai bambini è stato chiesto di disegnare persone che fanno un determinato tipo di lavoro. La maggior parte di loro ha disegnato uomini. Via via che si cresce, questi modelli si insinuano nella nostra mente in modo subdolo. Così va a finire che le ragazze faticano ad intravedere in quei settori, la loro strada lavorativa».
Al termine del liceo, dunque, si iscrivono a Lettere anziché a Fisica.
«Spesso succede così, nonostante, ripeto, siano ugualmente portate. Anche gli studi del Miur sul “gender gap universitario” dimostrano che le ragazze si laureano di più, con voti più alti. Poi purtroppo man mano si sale la scala della carriera accademica, tendono a sparire. Non solo nel settore scientifico».
Cosa che non è successa nel suo caso.
«Io sono ancora precaria. In ambito universitario le donne iscritte alle facoltà scientifiche rappresentano soltanto il 30% del totale, ma c’è bisogno che se ne parli. E che si parli anche di chi famoso non è, proprio per far scattare il desiderio di emulazione».
Magari un’emulazione astrospaziale.
«Samantha Cristoforetti rappresenta un caso eclatante e ne parlo sempre diffusamente. È una donna eccezionale che ha sviluppato un curriculum da fare invidia a tutti, uomini compresi. Ma soprattutto ha fatto una grande opera di divulgazione ed è quello che serve per far cambiare la mentalità».
Serve chi, come anche nel vostro caso, sappia appassionare chi ascolta.
«Mi sono sempre definita una astronoma romantica. Avevo 5 anni quando ho deciso che da grande avrei fatto quello che faccio. È successo grazie ad un sogno: ho sempre avuto un’attività onirica intensa. Mi incanto davanti ad un cielo stellato, guardo la luna e non penso ai numeri che ci stanno dietro. Studiando il cosmo e le sue distanze facciamo un viaggio in noi stessi. Nelle mie conferenze divulgative non dimentico mai di inserire la componente artistica. Credo che possa esercitare un forte richiamo e che il connubio tra arte e scienza sia molto forte e potente, e in grado di far interessare all’astronomia persone che altrimenti non lo farebbero mai».
Le bambine bloccate fin da piccole negli studi scientifici. Ora hanno il grande esempio di Samantha
Cristoforetti Daria Guidetti
Un po’ come Leopardi che si rivolge alla Luna.
«Quella del pastore errante dell’Asia è la poesia che preferisco in assoluto».